Il luogo della paura
Lo spazio nell’horror spesso è un elemento sottovalutato, almeno nella sua accezione archetipica. Per intenderci, il genere ci ha abituati a diverse sottocategorie che prendono forma proprio dal luogo in cui sono ambientate: la più tipica ad esempio può essere la casa infestata, oppure gli spazi che inevitabilmente suscitano in noi sensazioni angosciose, come potrebbero essere un cimitero o una strada abbandonata.
Ci sono spazi però a cui il genere non è inestricabilmente legato, ma ne diventano lo stesso la rappresentazione, perché culturalmente interiorizzati come luoghi di passaggio. Il bosco sicuramente è uno di essi, e a riguardo The Blair Witch Project è uno degli esempi più emblematici: non sempre c’è bisogno di mostri o fantasmi per rappresentare l’horror, perché nel genere spesso quello che si manifesta all’esterno è direttamente collegato a ciò che abita al nostro interno. Che siano i demoni del passato di Sara, che per tutta la vita ha cercato di rimuovere, oppure quelli della gemella Jessica, ora scomparsa, che al contrario da sempre cerca di combatterli con inevitabili oscillazioni depressive, le figure inquietanti che abitano la foresta di Aokigahara, meglio conosciuta come Jukai, vengono tutte dalla loro testa. Jukai – La foresta dei suicidi racconta proprio di questo luogo, reso lugubre dal fatto che è la meta principale per chi intende suicidarsi in Giappone, in cui tutti i turbamenti, le ansie e le paure si condensano fino a mescolare l’allucinazione con la realtà. Succede così allora che Sara, una volta inoltratasi all’interno della foresta per ritrovare la sorella gemella, inizi a perdere il senso delle cose: chi le sta a fianco è veramente chi dice di essere? Le apparizioni sono reali manifestazioni di chi ha deciso di suicidarsi? La tragedia che ha coinvolto le due sorelle in passato è un trauma realmente superato? Dall’interno all’esterno dicevamo, Jukai è una pellicola che non spaventa più di tanto e in diverse occasioni fa ricorso a stilemi classici al genere per colpire lo spettatore, ma dalla sua ha la capacità di semplificare il proprio percorso filmico concentrandosi su questi due elementi. Niente di rivoluzionario, ma a tratti la pellicola diviene un prodotto di pura atmosfera concentrandosi sul ruolo misterioso e, archetipico, di trasformazione della foresta. Così allora Jukai trova posto nel genere, senza per questo proporre nulla di nuovo ma semplificando un’assioma fondamentale nel cinema: la connessione fra spazio e individuo.
Jukai – La foresta dei suicidi [The Forest, USA 2016] REGIA Jason Zada.
CAST Natalie Dormer, Taylor Kinney, Yukiyoshi Ozawa, Eoin Macken.
SCENEGGIATURA Nick Antosca, Sarah Cornwell, Ben Ketai. FOTOGRAFIA Mattias Troelstrup. MUSICHE Bear McCreary.
Horror, durata 93 minuti.