Growing pains
Ci sono film che camminano sulla linea sottile tra il baratro del ridicolo e l’ascesa all’olimpo dei capolavori. Naturalmente, tanto alte sono le ambizioni di partenza, tanto più rovinosa rischia di essere la caduta.
Come se la cava Hanna, primo esperimento nei territori del cinema d’azione del regista britannico Joe Wright, e anche primo suo lavoro a non essere tratto da un romanzo (come i primi due Orgoglio e pregiudizio ed Espiazione) o da una storia vera (Il solista)? Affatto male, in verità, dal momento che riesce a mantenersi in equilibrio su quel sottile precipizio, senza sfondare nel regno dell’eccellenza, ma senza nemmeno spiaccicarsi al suolo dell’ignominia. Certo, Hanna pretende, dallo spettatore, una buona dose di sospensione dell’incredulità. Per qualcuno, addirittura troppa: “com’è possibile che la gracile Saoirse Ronan, bellezza anticonvenzionale di origini gaeliche, solo quindici anni di adolescenza imberbe, possa mandare a tappeto energumeni grandi e grossi e girovagare indisturbata per l’Europa, scampando ad addestratissimi e crudelissimi agenti deviati della CIA?”. Eh già, perché il ferreo realismo è esattamente la cifra distintiva delle spy story, vero, da James Bond in giù. Se mai, più che una credibilità che nemmeno il genere richiede, quel che si può rimproverare ad Hanna è una scarsa originalità di trama: un po’ Nikita, un po’ Dark Angel, un po’ Leon, è inevitabile che poi le svolte di sceneggiatura non risultino troppo inaspettate. Ma, probabilmente, nemmeno questo interessa a Wright, per la prima volta libero da legacci e legami da adattamento; quel che vuole il regista londinese è molto simile alla definizione di musica che il padre/addestratore di Hanna legge alla ragazza: “a combination of sounds with a view to beauty of form and expression of emotion”. Ne esce un universo dalla geografia frullata che si sposta dalla Finlandia al Marocco, dalla Spagna alla Germania in un battito di ciglia; giusto il tempo, per la meravigliosa cattiva Cate Blanchett di cambiarsi il tailleur. Piani sequenza vorticosi, inseguimenti tra bunker e container, echi di fiabe antiche (dalle tragedie greche ai fratelli Grimm), finanche riferimenti al Kubrick di Arancia meccanica e la stessa malinconia di fondo da growing pains che permeava Espiazione. E lo stupore di ritrovare un’Europa fatta di paesaggi cyberpunk, in una storia che non è declinata al futuro prossimo, ma al presente indicativo. Di sfondo, una colonna sonora riuscita e potentissima, firmata Chemical Brothers, che si salda alle immagini come raramente accade. Wright sa dosare bene tutte le suggestioni e infondere spirito alle atmosfere di quest’action movie romantico con ambizioni da bildungsroman. Cinema allo stato puro, insomma, e anche se non può dirsi capolavoro, avercene, di film così. Per gli apologeti del realismo, c’è sempre Discovery Channel.
Hanna [Id., USA/Gran Bretagna/Germania 2011] REGIA Joe Wright.
CAST Saoirse Ronan, Eric Bana, Cate Blanchett, Tom Hollander.
SCENEGGIATURA Seth Lochhead, David Farr. FOTOGRAFIA Alwin Küchler. MUSICHE The Chemical Brothers.
Azione/Thriller, durata 111 minuti.