Questo non è un biopic
La vita del cosmologo Stephen Hawking: la malattia che l’ha costretto alla totale immobilità fisica, le sue teorie sul tempo e sui buchi neri, la sua storia d’amore con la moglie Jane.
Questo è ciò che racconta La teoria del tutto di James Marsh, un film che, contrariamente alle apparenze e nonostante una narrazione cronologica che parte dagli anni dell’Università fino all’età adulta, non è il classico biopic su un uomo straordinario e particolare. A segnalare tutto ciò vi è, da un lato, un lungo momento a circa metà dell’opera in cui il protagonista sembra essere relegato a un ruolo di secondo piano e quasi di contorno, mentre dall’altro vi è il fatto che non si riesce quasi mai a provare un autentico coinvolgimento emotivo per Hawking proprio durante la sua malattia. In tale fase vediamo il suo decadimento fisico, ma non percepiamo – se non in modo superficiale e per pochi sparsi minuti – il suo dolore, i suoi turbamenti o le sue evoluzioni psicologiche, tanto che il suo carattere brillante, irregolare e deciso sembra immutabile e quasi privo di complessità. E anche le sue scoperte scientifiche vengono poco sottolineate: il momento della loro intuizione è raffigurato con delle trovate piuttosto banali, mentre il loro contenuto viene esposto in maniera piatta in alcune brevi sequenze. Ciò a favore della moglie Jane, la quale risulta la vera e propria eroina del film: è di lei che vediamo le difficoltà, i cedimenti e i conflitti sentimentali, ed è di lei che ammiriamo la resistenza, il sacrificio e il coraggio. Risulta pertanto evidente che The Theory of Everything non voglia celebrare tanto e solo il protagonista e la sua vita, quanto il suo rapporto con la coniuge, in una love story che esalta la determinazione e la speranza e trasmette sottotraccia un messaggio pro-life, come dimostrano la sequenza dell’intervento ospedaliero in extremis e la contrapposizione tra il pessimismo generale e la resistenza della coppia. Ovviamente, la retorica è dietro l’angolo e, infatti, viene totalmente abbracciata dal film, soprattutto nell’ultima parte, in cui il contenuto edificante viene sottolineato in modo un po’ enfatico e pomposo. Ed è proprio la retorica che accompagna il racconto a rovinare le scelte prima descritte: Jane, il personaggio più riuscito, diventa soprattutto il tramite del messaggio morale, mentre la piattezza del protagonista fa sì per lui non vi sia né criticità né empatia. Tutti elementi che fanno perdere sostanza all’opera, della quale alla fine rimane soltanto la gradevole confezione dell’insieme, il buon ritmo narrativo e tanto, troppo, buonismo.
La teoria del tutto [The Theory of Everything, Gran Bretagna 2014] REGIA James Marsh.
CAST Eddie Redmayne, Felicity Jones, Charlie Cox, Emily Watson, David Thewlis.
SCENEGGIATURA Anthony McCarten. FOTOGRAFIA Benoît Delhomme. MUSICHE Jóhann Jóhannsson.
Biografico/Sentimentale, durata 123 minuti.