C’era una volta in Inghilterra
Se uscire vivi dagli anni Ottanta è difficile per tutti, per gli inglesi pare esserlo più che per gli altri. Quasi che quel decennio doloroso di liberismi sfrenati e thatcheriane privatizzazioni abbia lasciato nella coscienza collettiva un nodo doloroso e indelebile, forse impossibile da sbrogliare.
Dai meandri imperscrutabili delle scelte distributive italiane, approda ora sui nostri schermi This is England, ben cinque anni dopo la sua realizzazione, nonostante, nel frattempo, il film abbia raccolto acclamazioni e premi ai festival internazionali (tra cui quello di Roma) e ai Bafta Awards. Tempismi misteriosi: neanche un paio di settimane fa, Londra e altre città del Regno Unito bruciavano di una rabbia di difficile interpretazione; This is England racconta una furia simile, nata nella disoccupazione senza scampo e nel deserto sociale di quell’era Thatcher (fu lei stessa, d’altronde, a dichiarare senza remore che “la società non esiste”). Se gli anni Settanta, come dice lo scrittore britannico Jonathan Coe, erano “anni marroni”, di che colore sono invece questi Ottanta, autobiografici protagonisti del film di Shane Meadows? Lo sfondo della fotografia è sbiadito e grigiastro come gli inverni nelle Midlands, come i cottage di mattoni scuri, le case a schiera incollate le une alle altre, la brughiera. Ma i soggetti dell’immagine spiccano in contrasto, come se i colori si fossero tutti rappresi dentro i loro maglioni, camicie, capelli. Proprio come dovevano apparire a Shaun, ragazzino dodicenne al centro del racconto, i suoi nuovi amici skinhead, in quell’estate dell’83, quando suo padre era appena morto nell’inutile guerra per le Falkland e la solitudine lo assediava da ogni parte. È chiaro, gli anni Ottanta inglesi non sono solo, grazie a Dio, lady di ferro e morte del lavoro, ma anche punk, skin, anfibi, pantaloni stretti, capelli rasati o sollevati fino al cielo, liberazione sessuale e tanta, ottima, indimenticabile musica. This is England fotografa tutto quanto, e anche di più, perché non giudica e non condanna, sottraendosi a facili e rassicuranti categorizzazioni. La violenza cieca e costantemente innescata che scorre sotto la pellicola non ha nulla di ideologico (ma molto di politico), a dispetto delle farneticazioni nazionaliste del coprotagonista Combo (un ottimo Stephen Graham, che presto rivedremo nei panni di Al Capone nella serie tv Boardwalk Empire), proprio come quella dei riot inglesi di pochi giorni fa. Meadows impasta delicatezza e nostalgia, politica e romanzo di formazione, Ken Loach e Danny Boyle, legando la struggente colonna sonora di Ludovico Einaudi alle note di Bob Marley e degli Smiths. E riesce nell’impresa di ridare prepotentemente vita a una delle citazioni più abusate della storia del cinema, quella finale di un ragazzino su una spiaggia desolata che ci chiama in causa con uno sguardo in macchina. Questa è l’Inghilterra, e siamo tutti noi, fuori da ogni tempo.
This is England [id., Regno Unito 2006] REGIA Shane Meadows.
CAST Thomas Turgoose, Stephen Graham, Jo Hartley, Andrew Shim, Vicky McClure.
SCENEGGIATURA Shane Meadows. FOTOGRAFIA Danny Cohen. MUSICHE Ludovico Einaudi.
Drammatico, durata 96 minuti.