L’ambizioso ritorno alla regia di Ricky Tognazzi
C’è un progetto interessante “dentro” l’ultimo lavoro diretto da Ricky Tognazzi, Il Padre e lo Straniero. Fedele all’omonimo romanzo scritto da Giancarlo De Cataldo, ambiziosamente il film trattiene dal libro l’attuale e suggestivo nucleo tematico: la figura paterna come snodo fondamentale del confronto con l’altro.
Premiata al Festival Internazionale del Cairo (miglior sceneggiatura e miglior attore protagonista), la storia interseca temi delicati e importanti: il dramma dell’handicap, l’amicizia tra due uomini che condividono uno stesso dolore, l’incontro tra culture distanti. Diego (Alessandro Gassman), impiegato ministeriale, è il padre di Giacomo, un bambino disabile. Incapace di accettare la diversità del figlio, è all’interno dell’istituto che ha in cura il ragazzino che Diego conosce Walid (Amr Waked), elegante uomo d’affari siriano, anch’egli padre di un bambino malato. L’inconsueta serenità di Walid nell’accettare l’handicap del piccolo Yusuf lo seduce fortemente. Tra i due padri nasce una forte amicizia e nella vita di Diego qualcosa comincia a cambiare. Il confronto con Walid gli dà la forza di avvicinarsi per la prima volta al mondo di Giacomo e di cercare di ristabilire la perduta complicità con sua moglie Lisa (Ksenia Rappoport). Emblematica, al proposito, la scena in cui Diego fa la doccia con Giacomo: passaggio che segna idealmente la ricongiunzione del loro nucleo familiare. Tuttavia l’improvvisa scomparsa di Walid imprime al film una direzione eccessiva: il passaggio al thriller sottrae al film concretezza e destabilizza lo spettatore, semplificando infine la complessità di quei temi che aveva avuto l’ambizione di rappresentare. Il film si appiattisce su un’ottica prevalentemente maschile che risulta insufficiente alla narrazione, lasciando in secondo piano la figura femminile, nella duplice veste di madre e di moglie. Oltre a ciò, a restare in ombra è la stessa diversità dei bambini. È qui che la preziosa intuizione iniziale si perde, anche a causa della sceneggiatura. Eccessivamente attenta ai temi e poco alla narrazione, la scrittura di questo lavoro non permette al film di decollare. E tutto ciò nonostante la qualità del cast (di cui fa parte anche Leo Gullotta nel ruolo di un agente dei servizi segreti). Sfortunatamente infatti, l’impressione è che nel tentativo di dire tanto, il film finisca per non dire abbastanza. E che “dentro” questo film ci sia un film molto più interessante che non è riuscito ad esprimere le proprie potenzialità.