Grande storia. Piccole storie
Pensiamo al più canonico dei romanzi: Guerra e pace. Cos’è che lo rende tanto celebre? Molti fattori, sicuramente, ma come non annoverarlo quale simbolo della coesistenza fra Grande Storia e vicende personali? Grande e piccolo è una delle dicotomie semantiche più sovente utilizzate nelle narrazioni storiche.
Per quale motivo? Innanzitutto perché la Storia spesso appare scenario ideale nella costruzione di vicende di sicuro appeal. In secondo luogo perché è la Storia stessa, talvolta, ad apparire affascinante. Altre volte prevale uno scopo didattico: sono le circostanze private, inserite in un contesto globale, a farci capire meglio le vicende del passato e le condizioni del presente.
E’ l’ultima opzione ad emergere in Venti Anni, una docu-fiction diretta da Giovanna Gagliardo, che racconta le vicissitudini di due personaggi, Giulio e Marta, in un arco di tempo compreso tra la caduta del Muro di Berlino e il crollo della borsa nel 2008. Giulio è di Benevento, studia alla London School of Economics, ed ha, ovviamente, la passione per la finanza. Marta è tedesca, vive a Berlino Est, ha una formazione più letteraria e vive con evidente mestizia la propria condizione di cittadina in uno stato precario dal punto di vista delle libertà individuali. Lui si ritrova, quasi per caso, a Berlino proprio in quel fatidico 9 novembre 1989, quasi per caso conosce lei, e condividono insieme l’euforia della fine di un’epoca. I due tornano a casa propria, fanno la propria vita, ma, nel corso degli anni successivi, continuano a tenersi in contatto fino a diventare compagni di vita una volta che si ritrovano, sempre casualmente, a vivere a New York: Giulio lavorando per la Lehmann Brothers, Marta per una casa editrice. 2008: è il crac finanziario. Si ritrovano disoccupati e si trasferiscono a Roma dove affrontano la difficile condizione del precariato.
L’ottimismo di fondo che traspare dalla trama rende accettabile il trasferimento a Roma dei protagonisti una volta persi i rispettivi lavori, scelta determinata unicamente dall’intento pedagogico dell’operazione che vorrebbe incitare lo spettatore ad andare avanti, nonostante il grigiore dei tempi che corrono (anche se, ci chiediamo, perché proprio in Italia?).
Sorvolando sull’ambiguità dello scopo tematico (si tratta pur sempre di due over 40 dal solido curriculum) l’interesse dell’operazione emerge principalmente dalla scelta stilistica di alternare fiction, interviste fittizie ai due protagonisti, interviste reali a personaggi di spicco (da Ernesto Galli Della Loggia a Michelangelo Pistoletto) a immagini di repertorio.
La potenzialità del mezzo audiovisivo, viene qui sfruttata in toto, lavorando sia sull’attestazione inequivocabile degli eventi della Grande Storia, sia finzionalizzando questi stessi eventi tramite inserimento di false istantanee e di ricostruzioni totali sul piano della finzione.
Un’operazione classica, dunque, legata più propriamente al mezzo televisivo che a quello cinematografico, che tenta di recuperare uno scopo didattico in concomitanza con quello che Fausto Colombo, in La cultura sottile, chiamava “logica del grillo”. In altri termini Venti Anni, tenta, nostalgicamente, di sfruttare le potenzialità dei media di massa di agire quale coscienza collettiva dal chiaro, e sacrosanto, sapore pedagogizzante.