Vieni, c’è una strada nel bosco, il suo nome conosco, vuoi conoscerlo tu?
Il thriller psicologico con tocchi horror di Steven Soderbergh vede protagonista Sawyer, una giovane donna di Boston, che si ritrova improvvisamente internata in un orrendo ospedale psichiatrico. Vittima di uno stalker, si è trasferita in Pennsylvania.
Dopo un colloquio con una psicologa cercata su Google, durante il quale confessa di pensare al suicidio, ingenuamente firma un modulo-truffa. Da quel momento, viene segregata, da spaventosi infermieri, nelle stanze spoglie della struttura, dove scopre che il suo stalker lavora come infermiere, sotto falso nome.
L’Highland Creek Behavioral Center è una via di mezzo tra una prigione, una casa della follia claustrofobicamente polanskiana e il labirintico Overlook Hotel di Kubrick. Soderbergh ne attraversa i lunghi corridoi con piani-sequenza che ricordano le carrellate a seguire in steadicam di Shining. Ma le inquadrature sghembe, in Unsane, hanno un’asimmetria straniante: nei piani fissi la mdp assume angolazioni stravaganti, come se rappresentasse il punto di vista di un individuo disturbato, di un pericoloso voyeur. La cosa davvero sorprendente è che il film è stato girato interamente con un iPhone 7 Plus, in soli dieci giorni.
È chiaro che la sfida in questo film non è solo tecnica, ma anche narrativa: raccontare una storia rocambolesca ed eccessiva conservando il massimo del realismo, ma concedendosi qualche strizzata d’occhio allo spettatore: il direttore dell’Highland Creek che ripete “To be continued”, la madre di Sawyer che le promette “the cavalry is coming”, la coppia di poliziotti idioti che sembrano usciti da un film dei Coen o di Lynch, le sette vite dello stalker dalla lacrima facile, l’uomo-cameo per eccellenza Matt Damon (che contro lo stalker consiglia “Your cell phone is your enemy”), i vecchi espedienti del flashback e della voice over.
Che Soderbergh voglia giocare con il cinema, e con quello di genere soprattutto, è evidente. Unsane è un incubo kafkiano di grande suggestione, che omaggia tutti quei film di Hitchcock e De Palma in cui il personaggio principale è una persona comune incastrata in un complotto misterioso.
Le preoccupazioni metacinematografiche da “film buff” rendono Soderbergh un sottile investigatore del rapporto tra realtà e immaginazione. La sua libertà creativa gli permette di reinventare il cinema ad ogni film, passando con assoluta disinvoltura da un genere all’altro, da produzioni ad alto budget a esperimenti come questo, dal lungometraggio alla serialità. Ma è l’approccio glaciale al cinema a farne un regista di grande coerenza: perciò, le discese ardite negli abissi della psiche come Bubble ed Effetti collaterali sono tra i suoi film migliori. Unsane non è da meno.
Unsane [id., USA 2018] REGIA Steven Soderbergh.
CAST Claire Foy, Joshua Leonard, Amy Irving, Juno Temple, Jay Pharoah.
SCENEGGIATURA Jonathan Bernstein, James Greer. FOTOGRAFIA Steven Soderbergh. MONTAGGIO Steven Soderbergh.
Thriller, durata 98 minuti.