Magnifica creatura
I film biografici sono una prova del nove per dimostrare di saper manipolare/sostenere una narrazione: è, infatti, difficile riuscire a “romanzare” la vita di un personaggio reale senza scadere nello stucchevole o nell’esaltazione fine a se stessa. Stephen Frears ha dimostrato di saper maneggiare al meglio il genere, vedi The Queen e Philomena, ma con The Program, la storia assurda del ciclista Lance Armstrong, qualcosa non ha funzionato.
La vicenda delle vittorie dopate del “bugiardo” ciclista americano è ormai nota, visto che se ne è già parlato anche in documentari e la portata mediatica dei fatti ha imperversato in questi ultimi anni; è quasi originale invece la sua drammaturgia. Fears si limita a mostrarci la cronologia degli eventi attraverso uno sguardo freddo e anonimo, che in alcuni momenti sfiora la peggior estetica da film tv, e non riesce a creare un rapporto empatico tra spettatore e personaggi. La sua regia si limita a fare la cronistoria, e si rilassa cercando di sopperire al giudizio sulla condotta del protagonista con le interpretazioni al limite della macchietta degli attori. The Program non è un film sportivo, non è un dramma, non è un film d’inchiesta (accennata solo dalla voce over del giornalista Walsh), è un prodotto strano e impersonale. La messa in scena non prende posizione e solo in alcuni momenti cerca di seguire uno stile estetico, soprattutto nelle riprese delle corse in solitaria e nel rito, quasi alla Trainspotting, del doping tra compagni di squadra. È solo abbozzato, e questo sì che poteva essere una delle ipotetiche chiavi di lettura, il rapporto tra il Dott. Ferrari e Armstrong: Dott. Frankenstein e Creatura assemblata con elementi mostruosi e poi data in pasto alla gente, inevitabile il suo disastro. Armstrong risulta così solo una macchina creata per il successo, sia personale che collettivo, senza un’anima e un pensiero proprio, che chiaramente non doveva essere difesa o assolta dalle sue malefatte, ma necessitava di un maggiore approfondimento. Un dilemma etico che non emerge e soprattutto un contesto sociale, e più prettamente sportivo, che rimane in superficie. Mancanza di coraggio che sa di rifiuto di scottarsi troppo con la verità documentata. Un lavoretto ben confezionato per non far male, e per farsi dimenticare in fretta. Sembra un film italiano di oggi, dove la polvere si nasconde sotto i tappeti, e che si sviluppa secondo una miopia acritica raggiungendo l’apice nel frettoloso finale: è andata così, cosa ci possiamo fare?
The Program [id., Gran Bretagna 2015] REGIA Stephen Frears.
CAST Ben Foster, Chris O’Dowd, Guillaume Canet, Jesse Plemons, Lee Pace, Dustin Hoffman.
SCENEGGIATURA John Hodge. FOTOGRAFIA Danny Cohen. MUSICHE Alex Heffes.
Biografico/Drammatico, durata 103 minuti.