Wanted, dead or alive
Rodriguez. Cantautore americano anni Settanta, figlio di immigrati messicani, grande talento però mai riconosciuto: autore di due dischi rimasti praticamente invenduti, si suicida sul palco dopo un’esibizione. Queste per molti anni sono state le uniche informazioni reperibili su una delle figure più misteriose dell’entertainment statunitense, presto dimenticato da un’industria veloce e spietata, tranne che in Sud Africa.
Qui infatti, attraverso una diffusione sempre più ampia di bootleg del primo album Cold Fact, Rodriguez diventa riferimento della cultura bianca e le sue canzoni (Hesitation Blues, Crucify Your Mind, I Wonder) veri e propri inni del movimento contro l’apartheid. Ma nessuno – a causa dell’embargo – sapeva altro sul musicista né poteva far conoscere al mondo quanto significasse per le nuove idee che stavano diffondendosi. Solo a metà degli anni Novanta, a vent’anni dalla sua pubblicazione, giunge in Sud Africa la ristampa di Come From Reality, che dà nuova linfa alla curiosità dei fan. Ed è proprio grazie alla tenacia di due di loro, Steve Segerman e Craig Bartholomew-Strydom, se oggi è possibile fare luce sul cantautore e scrivere una pagina finalmente certa sulla sua carriera. Sì, perché per merito della loro triennale ricerca, non solo Rodriguez è stato rintracciato vivo e vegeto, ritiratosi dall’attività artistica per dedicarsi alla famiglia e alla politica, ma è stato riportato alla notorietà con un grande tour in Sud Africa e poi in America, dove tutt’ora saltuariamente si esibisce. È questa strana storia dall’inaspettato lieto fine il centro del bel documentario di Malik Bendjelloul, pluripremiato must see (tra i tanti, l’Oscar 2013 per il Miglior Documentario) che sta riscuotendo ovunque grande consenso. Costruito come una vera inchiesta, dosando in maniera equilibrata interviste e suspense, il film si presenta chiaramente come quello che vuole essere: testimonianza di un vicenda curiosa quanto significativa ed emblematica del sistema dell’intrattenimento contemporaneo, in cui facilmente si può essere dimenticati e riscoperti, ma questo sempre di più tramite il gusto e la volontà del pubblico più che di manager, produttori, agenti, discografici e affini. Una forma di cultura dal basso, “orizzontale”, simbolo del mutamento in atto da qualche anno soprattutto grazie ad internet alla sua funzione di veicolo di condivisione del sapere, con cui i vari settori dell’intrattenimento devono e dovranno fare i conti, pena l’incapacità di soddisfare un pubblico sempre più esigente. E nelle parole dell’ex collega di Rodriguez, che sostiene l’esistenza di un’occasione per chiunque a volte rimandata, ma mai mancata, si racchiude il senso ideale del film: continuare a sperare e credere nei propri sogni, perché solo così questi un giorno potranno avverarsi. Una riflessione semplice, ma monito importante in tempi come questi, dove di sognare c’è sempre meno voglia, ma forse sempre più bisogno.
Sugar Man [Searching for Sugar Man, Svezia/Gran Bretagna 2012] REGIA Malik Bendjelloul.
CAST Sixto Rodriguez, Steve Segerman, Craig Bartholomew-Strydom.
FOTOGRAFIA Camilla Skagerström. MUSICHE Rodriguez.
Documentario, durata 86 minuti.