Il classico horror estivo?
Da una decina di anni il cinema sembra aver riscoperto Stephen King come narratore affidabile e versatile per progetti come blockbuster, serialità e pellicole low budget. Firestarer rientra in quest’ultima categoria.
Prodotto dalla celeberrima Blumhouse, nuova factory dell’horror contemporaneo, è un road movie che richiama gli horror anni ‘70, sia per esilità produttiva che per atmosfere.
Il racconto ben si adatta a questa operazione: grandi spazi di campagna e isolamento esistenziale fanno da cornice alla fuga della giovane Charlie e di suo padre – uno Zac Efron fuori ruolo – inseguiti da un’agenzia governativa interessata ai loro poteri psichici, in particolar modo alla ragazza per le sua abilità incendiarie. Firestarter ritorna su tematiche tipiche nel cinema complottistico, con il sospetto nei confronti di organizzazioni governative che lavorano nell’ombra, squadre para militari che conducono sperimentazioni sulla mente e tutto un campionario di sentimenti evergreen che tornano spesso nelle narrazioni contemporanee sulle cospirazioni, pensiamo anche alla Marvel Cinematic Universe con cui il film di Keith Thomas, al di là della sua estetica da horror a basso costo, condivide la stessa impostazione narrativa da cinecomic in un percorso che prima ci rivela le origini dei poteri di Charlie, poi la scoperta degli stessi da parte della ragazza e l’accettazione della propria diversità poi la lotta contro gli antagonisti e il classico nemico, in questo caso un misterioso cacciatore di taglie con poteri psichici.
Il problema di Firestarter è la volontà di unire due mondi dialetticamente distanti, da una parte gli stilemi e le atmosfere anni ‘70 accentuate dalla affascinante colonna sonora composta in parte da John Carpenter, che però diventa più croce che delizia dato che questo nome porta con sé non solo un immaginario preciso ma anche un impegno cinematografico sociale e soprattutto creativo. Aspetto che purtroppo non si vede in Firestarter dove Keith Thomas dirige una pellicola fin troppo adagiata su stilemi narrativi ormai inflazionati senza trovare mai un guizzo o un cambio di ritmo che possa discostarlo dalla moltitudine di pellicole simili.
È un film che invece di arricchire una formula la appiattisce ancora di più, nonostante sia artigianalmente onesto e ben realizzato, rimane troppo debole e privo di personalità per uscire dalla nomea del classico horror estivo, che poi a ben vedere tanto horror non è.