Sintomatologia di un successo meritato
Qual è il retaggio più solido che ci è stato tramandato dalla Prima Repubblica? Per Checco è il posto fisso, agognato già in tenera età ed esaltato dai genitori, presso cui vive pur essendo sulla soglia dei 40 anni. Le cose si mettono male quando la riforma delle provincie lo obbliga ad una scelta dolorosa: lasciare l’incarico all’ufficio caccia e pesca e accettare la liquidazione abbondante del tfr oppure tenersi stretto il posto fisso e iniziare una peregrinazione infinita fra uffici pubblici fino ad arrivare nelle sperdute stazioni del Polo Nord.
Nel momento in cui questo articolo viene redatto, l’ultimo film di Checco Zalone, Quo vado?, a tre giorni dall’uscita ha raggiunto i 22.248.121 euro di incasso, appena 100mila euro meno di Star Wars: Episodio VII – Il risveglio della Forza, che però è nelle sale italiane da tre settimane. Segno inappellabile di un fenomeno enorme che trascende le logiche della distribuzione (1.500 copie lanciate nei cinema è pura fantascienza, altro che Jedi) e del pubblico, riunendo nel medesimo luogo famiglie e ragazzi, giovani e anziani, intellettuali e consumatori fugaci. Il tutto senza utilizzare gli elementi che attraggono maggiormente la massa degli spettatori: sesso, violenza e parolacce. Anzi, trattando un tema di grande attualità politica, solitamente viatico di ampi sbadigli nei talk show della prima serata. Certo non si può pensare che l’impegno civile di Zalone sia lo stesso di un Rosi o, pensando al presente, di un Daniele Vicari, ma è innegabile che il suo ultimo personaggio, punto di arrivo di un percorso fra televisione e cinema durato 7 anni, esondi dagli argini del corpo dell’attore, il significante, per diventare racconto, ovvero significato. Racconto di un’Italia i cui tarli non sono nell’hic et nunc, nel berlusconismo o nel renzismo, ma affondano nella tradizione di un popolo i cui pregi e difetti sono sempre stati immediatamente riconoscibili. La clacsonata al semaforo dopo due secondi di verde, la fila saltata, la furbizia che si fa beffa del potere non appartengono più alla macchietta meridionale ma diventano strutture universali, comandamenti immutabili che cozzano con la serietà e l’ordine di un’Europa al tempo stesso avanzata e arida, accogliente e fredda, di cui innamorarsi e da cui fuggire alla prima occasione. Certo è facile attaccare Zalone, soprattutto se non lo si è visto ma è altrettanto semplice difenderlo se lo si è visto, anche solo per il gusto di scrollarsi di dosso un po’ di quella polvere ideologica che vede nel successo al botteghino il primo e decisivo passo verso il baratro del gusto. In questo la critica dovrebbe essere lungimirante, provare a scommettere ogni tanto, senza lasciarsi trascinare dalla moda dell’opinionismo social. In un estratto di una recensione pubblicato recentemente su Facebook da Leonardo Cabrini (autore di Mediacritica), si legge: “XXX sfoggia come al solito i tipici atteggiamenti di quella comicità così banale”. “È proprio vero, con XXX si ride sempre. Anche se il soggetto è così povero di fantasia, di originalità, di gusto come questo”. “Gli spettatori non sono fortunati, siamo giusti, costretti ad ingerire prodotti così squallidamente raffazzonati, così privi di spirito e d’ogni luce d’intelletto umano”. Checco Zalone? No, Totò.
Quo vado? [Italia 2015] REGIA Gennaro Nunziante.
CAST Checco Zalone, Eleonora Giovanardi, Ninni Bruschetta, Maurizio Micheli, Lino Banfi.
SCENEGGIATURA Gennaro Nunziante, Checco Zalone. FOTOGRAFIA Federico Masiero. MUSICHE Luca Medici.
Commedia, durata 86 minuti.