ANTEPRIMA
L’ultimo Von Trier
Tutto si può dire su Nymphomaniac, tranne che non sia stato pubblicizzato con una accurata genialità. Un tam tam che batte sui social media da un paio d’anni, (scandalose?) locandine immortalanti i coiti dei personaggi, rumors attorno ai numerosi cut al film e apocalittiche sentenze da parte di protagonisti e produttori.
Se poi si aggiunge il vow of silence del cineasta dopo Cannes 2011, si ha una vaga idea del calderone mediatico nel quale è sguazzata la produzione dell’ultimo “film-scandalo” del regista danese. Dopo ennesimi colpi di scena come il ritiro del trailer dal video sharing di YouTube a causa dei “contenuti espliciti”, Nymphomaniac è finalmente approdato al recente Festival Internazionale del Cinema di Berlino (ove ad acchiappare le tenaglie spettatoriali ci ha pensato il protagonista Shia LeBeouf), dal quale ha raggiunto le sale europee, suddiviso in due capitoli a causa dell’eccessiva durata. Una cinquantenne (Charlotte Gainsbourg) autodefinitasi ninfomane sviscera prosaicamente la propria “biografia” ad un (mal)capitato uditore (Stellan Skarsgård), che nulla può se non equiparare ai suoi ampi saperi un mondo a lui tanto oscuro. Se il Vol.1 risulta prettamente concentrato sugli esperimenti sessuali in senso stretto, delegati all’alter-ego giovanile (Stacy Martin), il secondo scava più a fondo nella sempre più vertiginosa discesa morale della protagonista. Le opinioni discordanti fuoriuscite dal Festival trovano conferma anche in sala, riconoscendo una pellicola quanto mai controversa. Von Trier si allontana da alcune tematiche storiche (la Natura, l’Apocalisse), ma persiste ostinatamente nella scientifica ricerca sulla figura femminile. Si tratta davvero di una donna disprezzata e umiliata, come è stata ravvisata da molti? Al contrario, secondo chi scrive, non è altro che la (subdola) esaltazione di una donna che è solamente lei stessa, in primis, a non amare. Non solo. È altresì una donna costantemente colpevole ed il “peccato” generalmente commesso è banalmente quello di non riuscire ad amare e ad amarsi (si pensi ad esempio ad Antichrist, che qui il cineasta omaggia in più punti). “Forget about love”, sentenzia la frase lancio del film: un Amore che più si persevera ad inseguire, più risulta inarrivabile. Ma a burlarsi di noi è anche e anzitutto Von Trier stesso, poeta della provocazioni, maestro indiscusso dell’ambiguo, con specchi metaforici e non, infinite ed estenuanti digressioni dell’uditore Seligman, immagini bibliche e ipnotiche, tutti elementi che hanno la funzione di scollegarci dalla razionalità. Ed è proprio su essi che si basa il lato vincente dell’opera. Tuttavia − e maledettamente − i pregi della pellicola si fermano qui, perché il finale, semplicemente, delude. Una conclusione che risulta completamente distante dalla, seppur paradossale, poetica del film e dallo stile vontrieriano che noi tutti conosciamo. Forse è proprio questa la sadica e incomprensibile volontà del cineasta, ma quale amante di Lars Von Trier vuole essere brutalmente riportato alla insipida e deludente realtà?
Nymphomaniac [id., Danimarca/Germania/Francia/Belgio/Inghilterra 2013] REGIA Lars Von Trier.
CAST Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Willem Dafoe, Uma Thurman.
SCENEGGIATURA Lars Von Trier. FOTOGRAFIA Manuel Alberto Claro. MUSICHE Kristian Eidnes Andersen.
Drammatico, durata 118 min/145 min.