SPECIALE MADE IN CHINA
Dopo che tutti saremo capitale
Siamo di fronte a uno dei film più importanti dell’anno, e non soltanto per la cura e la maestria estetica del risultato, di cui il cinema di Jia Zhang-ke, classe 1970, aveva già dato prova da anni, passando per i capolavori Still Life, Leone d’Oro a Venezia, 24 City e A Thouch of Sin.
Quello che in qualche maniera fa di Al di là delle montagne un’opera sorprendente e a un tempo connessa a un discorso già avviato, a dispetto di un titolo italiano scorretto e fuorviante, è la sua capacità di portare avanti il ritratto di una Cina fagocitata dalla cultura capitalistica non più secondo l’asse della spazialità, scansionando cioè come in passato i luoghi, le proporzioni, gli orizzonti e le distanze, ma più sottilmente aprendo una breccia nella percezione del tempo che scorre, del rapporto tra passato, presente e futuro, e nella possibile eredità spirituale che attende un’ipotetica generazione a venire nel tentativo, frustrato ma non disperato, di fare ordine nel rapporto ormai scisso tra Storia universale e storia individuale, tra l’epopea del capitale e la necessità delle relazioni, l’urgenza di una memoria individuale, il bisogno di riconnettere la singolarità alla propria origine, alla propria prospettiva di appartenenza. Raccontando, in tre capitoli riconoscibilmente distinti non solo per l’uso creativo dei formati ma soprattutto per l’eterogeneità dei toni, Al di là delle montagne racconta di fatto una storia d’amore tra una donna, un uomo, e il figlio che essi hanno saputo generare entro una cornice di ricerca della felicità guidata dal primato del denaro e del benessere materiale (il nome del bambino è, non a caso, Dollar). Attraverso tre tempi – il 1999, il 2014 e il 2025 – e un mutamento di location che dalla Cina di fine XX secolo conduce all’Australia, e cioè a tutto il mondo, a tutti noi, il film di Jia porta lo spettatore a interrogarsi, più profondamente di quanto sia stato possibile finora nello stesso occidente, sul percorso esistenziale di due generazioni di personaggi per i quali la scelta di accettare e accogliere una dimensione eternamente presente, capace di cancellare il passato al punto di rendere difficoltosa qualsivoglia domanda di futuro, è diventata una condanna e un motivo di dilagante separazione, smarrimento, erranza. Senza nostalgie per un’epoca lontana, anzi prescindendo dalla storia cinese per farsi appunto universale, Al di là delle montagne chiama in causa il proprio pubblico con una domanda prepotentemente novecentesca: quella che riguarda il come vogliamo vivere e specialmente con chi, con quali legami, con quali investimenti personali. E se ancora sia possibile, a fronte di cosa siamo diventati, ripartire dalle persone per costruire, o ricostruire, la società a venire.
Al di là delle montagne [Mountains May Depart, Cina 2015] REGIA Jia Zhang-ke.
CAST Tao Zhao, Yi Zhang, Jing Dong Liang, Zijian Dong.
SCENEGGIATURA Jia Zhang-ke. FOTOGRAFIA Nelson Lik-wai Yu. MUSICHE Yoshihiro Hanno.
Drammatico, durata 131 minuti.
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