Fedeli alla linea anche quando non c’è
La linea cui Ferretti è fedele è una lunga successione di prese di posizioni e scelte spesso in contraddizione le une con le altre, ma sorrette da alcuni principi ricorrenti: l’apertura al nuovo, l’accoglienza del tragico, il rigetto di ogni ghettizzazione, a fronte di una strenua riproposizione della propria alterità e individualità.
Maccioni ci tiene a sottolineare che Fedele alla linea non è una biografia, evidentemente nel senso di biografia “agiografica”: ed è vero, della statura iconica di Ferretti all’interno della scena indipendente italiana non c’è (quasi) traccia. C’è invece un uomo che narra con parole sicure la propria intensissima vita, condotta senza timore di cambiare rotta più volte, seguendo gli inequivocabili e concordi segnali di mente e corpo, con la musica e la parola a fare di volta in volta da arma, cura, àncora: l’educazione cattolica, la Reggio Emilia di puttane e PCI, l’andare e venire tra il punk e il silenzio dei monti, i viaggi e il ritorno alla terra e alle bestie. E poi “la malattia è la parte più vitale della mia vita”, dice Giovanni Lindo, e racconta la propria esistenza segnata da chirurgia, quasi-morte e riabilitazioni: dal ’68 assorbito dal letto d’ospedale durante la lunga convalescenza dopo una peritonite, che non gli impedirà di abbracciare ribellione e militanza, fino al più recente tumore al polmone, ulteriore interiorizzazione di un malessere profondo. Se la problematica vicinanza al cattolicesimo più istituzionale non viene indagata, la spiritualità di Ferretti si intuisce nel ribadire la continuità tra vita e morte in ogni aspetto della montagna, e nella concezione del corpo (martoriato ma “utilizzabile” fino alla fine) come mero strumento di connessione inclusiva dal palco, dentro e fuori il cono di luce dei riflettori; e ancora nel progetto attuale di un epico teatro di cavalli ancestrale e sanguigno, ambiziosissimo tentativo di unire presente ed estremo passato con il dispositivo dello spettacolo. Fedele alla linea tralascia completamente la ex-Jugoslavia e la cronaca di formazioni musicali, litigi, recenti esternazioni reazionarie e polemiche conseguenti. Si pone invece come disamina di una controversa complessità, di un percorso accidentato e non privo di voragini, come la strada asfaltata collassata di Cerreto Alpi, “fine del Medioevo”; una complessità umana che, al di là dell’intensificazione emotiva prodotta da home movies e found footage, giusto le parole di oggi e di ieri (si veda
Tempi Moderni di Luca Gasparini, 1989) e la capacità affabulatoria del narratore dialogante possono rendere al meglio.
Fedele alla linea – Giovanni Lindo Ferretti [Id., Italia, 2013] REGIA Germano Maccioni.
CAST Giovanni Lindo Ferretti, Corte Transumante di Nasseta.
SCENEGGIATURA G. Maccioni. FOTOGRAFIA Marcello Dapporto. MUSICHE CCCP, CSI, Lorenzo Esposito Fornasari.
Documentario, durata 74 minuti.