Una questione di famiglia
Tra seguiti e reboot a Hollywood l’abitudine di riesumare saghe del passato è ormai consolidata, sia per minimizzare i possibili flop sia perché la carta “nostalgia” funziona sempre. Di sicuro, è un po’ di tempo ormai che da quelle parti sembra esserci una certa stagnazione creativa che non dipende solo dalle strategie di mercato.
I Ghostbusters sono tornati, o almeno i loro eredi, in un nuovo episodio che fa da ponte con le prime due pellicole degli anni ’80. Nuova forma per vecchie idee o idee nuove per un format vecchio?
Quel che è certo è che in Ghostbusters: Legacy non ci troviamo di fronte al solito reboot hollywoodiano. L’impressione, infatti, è che nasca da basi differenti: alla regia c’è Jason Reitman, figlio di Ivan Reitman e l’endorsement ricevuto dal cast originale dà sicuramente quella credibilità al progetto che mancava al capitolo del 2016. Il setting cambia radicalmente, non più l’ipertrofica New York reaganiana ma una cittadina polverosa dell’Oklahoma; il tono comedy è smorzato a favore di un racconto di formazione. Al centro della vicenda c’è Phoebe, una giovane brillante appena trasferitasi con la madre e il fratello nella casa del nonno appena deceduto, una vecchia abitazione decadente e, ovviamente, infestata dai fantasmi. La ragazza ci metterà poco a scoprire che dentro la casa sono presenti le attrezzature, le divise e perfino l’Ecto 1 una volta appartenuti ai Ghostbusters, rimasti ormai per il mondo solo uno sbiadito ricordo. L’ex inquilino infatti era proprio Egon Spengler, ritiratosi come un eremita anni prima fuggendo da amici, colleghi e famiglia per ragioni misteriose. Fascinazione e curiosità, spinte anche dall’aggravarsi dell’attività ectoplasmatica, porteranno Phobe a seguire le orme del nonno e raccoglierne l’eredità.
Una situazione paragonabile a quella di Jason Reitman nei confronti dell’universo creato dal padre, un rispetto e una sensibilità che lo portano quasi a un feticismo nei confronti di tutto ciò che è legato ai Ghostbusters. Gli oggetti, i costumi, l’automobile, la narrazione stessa che si ricollega al primo episodio, ci fanno credere che non sia un prodotto meramente commerciale e sono prova di un legame fortissimo con chi ha amato quei personaggi e quella storia. Il tono da commedia brillante mescolata al cinema fantastico si sostituisce a uno sguardo fanciullescamente stupito dalla magia, portando la pellicola più vicina a Spielberg piuttosto che agli episodi originali.
È questa lenta riscoperta di un immaginario a essere l’elemento che fa di Ghostbusters: Legacy una pellicola allo stesso tempo sentita e d’intrattenimento che abbraccia più generazioni, con una nostalgia non ruffiana ma rispettosa, intenta a segnare un nuovo corso narrativo senza limitarsi a ricalcarlo debolmente.