Tradire o non tradire?
A nemmeno un anno di distanza dall’ultimo film (Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata) Carlo Vanzina torna dietro la macchina da presa con un altro sequel sceneggiato assieme al fratello Enrico, che vorrebbe fregiarsi del titolo di fotografia degli attuali rapporti di coppia, ma che in realtà è già sbiadita e pure un po’ sfocata.
Come nel primo film (Ex, diretto da Fausto Brizzi) abbiamo varie storie che si intrecciano, dove i protagonisti sembrano essere vittime di un destino beffardo che si prende gioco di loro. Le somiglianze si fermano qui: più che di un sequel si potrebbe quindi parlare di un remake.
Il film racconta le storie di Floriana e Marco, di Max e Sandra, di Fabio e Valentina, di Antonio e Olga e ai quali si aggiungono una miriade di altri personaggi, con una struttura a episodi. Episodi comunque poco riusciti: data la quantità di personaggi presenti, non riescono a essere ben disegnati all’interno del racconto. Nemmeno nel film di Brizzi emergevano caratteri forti, ma spiccava uno sguardo d’insieme. Venivano raccontate le divergenze che si creano all’interno di una coppia, divergenze spesso dettate dalla poca voglia di appianarle più che da reali problemi. E il divorzio, secondo Brizzi, è una scelta spesso troppo facile ma comunque reversibile, differentemente dal film di Vanzina, dove i personaggi sembrano più che altro in preda all’isteria del minuto.
L’unico spunto positivo è dato dalle vicende di Antonio, farmacista di Sorrento che viene eletto eurodeputato al Parlamento Europeo. Durante uno scalo forzato a Monaco di Baviera conosce e si innamora di Olga, che in seguito scoprirà essere il premier di un Paese baltico. Nelle parole di Olga e nei comportamenti di Antonio riusciamo a cogliere una sottile ma esplicita critica al modo di fare politica italiano chiassoso e disonesto, fatto di mazzette e scandali sessuali, più attento a intrattenere i “giusti” rapporti piuttosto che al fare politica in sé e decisamente più portato al tradimento (vero tema della pellicola) che alla fedeltà.
Una critica che comunque non riesce ad affondare e rimane in superficie senza graffiare, accarezzando il problema senza andarne al cuore; inoltre la farsesca colonna sonora scelta per il film, più adatta a una sagra paesana che a una sala cinematografica, fa perdere quella parvenza di serietà che sembrava essersi insinuata.