Io combatto, tu combatti, essi combattono
La terra come ricchezza, la ricchezza come dono di Dio all’uomo, terra di cui un uomo decide di appropriarsi a ogni costo. Questo è il succo del monologo iniziale recitato in chiesa da Bart Bogue, spietato proprietario terriero deciso a privare della propria i terra i cittadini di Rose Creek.
È probabilmente il punto più intenso che il remake de I magnifici 7 raggiunge, in cui l’intimidazione delle armi passa quasi in secondo piano in confronto alla dialettica manipolatoria di Bogue. Tutto il resto in questo remake sembra quasi andare con il pilota automatico, grazie alla regia rispettosa ma mai reverente di Antoine Fuqua, che gioca consapevolmente con i topoi visivi del western senza risparmiare sul più spettacolare impatto visivo. Sicuramente ciò sarà dovuto anche all’efficacia di un canovaccio che, sin dai tempi de I sette samurai di Kurosawa e passando ovviamente per l’originale di John Sturges, difficile non riesca ad appassionare, in questa vicenda di un manipolo di mascalzoni che s’imbarca in una missione suicida in difesa di un villaggio dal quale nulla hanno da guadagnare. Una lotta d’onore in un mondo pragmatico come quello del selvaggio west, ma qui sta forse una delle pecche maggiori di un copione che dà fin troppo per scontato un meccanismo narrativo ontologicamente funzionale. Il gruppo dei sette cowboy solitari che si uniscono alla lotta per Rose Creek si forma fin troppo linearmente, bene o male trovano tutti allettante l’idea di combattere per una missione suicida: tanto più questo stride se pensiamo che tutti loro sono abituati a non fare nulla per nulla. Anche l’armonia che viene a crearsi naturalmente nel gruppo è fin troppo addolcita, considerato in particolar modo la multietnicità della compagine. Un funzionario statale di colore, un Denzel Washington che gigioneggia un po’ troppo nella parte del cowboy, uno sfrontato irlandese ubriacone, un ricercato messicano, un pellerossa reietto, un reduce sudista con il suo assistente asiatico, maestro con i coltelli, e un cacciatore d’indiani stralunato. I magnifici 7 nella Hollywood di oggi, che sente sempre più la necessità di aggiornare (o riutilizzare titoli già noti?) miti dal proprio passato e riproporli in versioni di remake o reboot, ma che spesso si tramutano in versioni action digitali, svolge adeguatamente il proprio ruolo. È una pellicola di mestiere che scorre esilmente, quasi fosse autopilotata con tutti i pregi e difetti del caso, indolore per chi guarda al passato, ma tutto sommato incolore per chi osserva al presente. Livella narrativamente i contrasti personali, solo accennati, dei protagonisti (e qui dal copione di Pizzolatto era lecito aspettarsi di più) ma mantenendo lo stesso una sua fascinazione visiva. Insomma un cinema medio e sincero, che considerando l’andazzo hollywoodiano contemporaneo, in fondo non può che essere un pregio.
I magnifici 7 [The Magnificent Seven, USA 2016] REGIA Antoine Fuqua.
CAST Denzel Washington, Chris Pratt, Ethan Hawke, Peter Sarsgaard.
SCENEGGIATURA Nic Pizzolatto, Richard Wenk. FOTOGRAFIA Mauro Fiore. MUSICHE James Horner.
Western, durata 131 minuti.