Cosa ti passa per la testa?
I want to be a soldier, è una storia triste. Un bambino di dieci anni, Alex, che sognava di diventare astronauta, in pochi giorni cambia idea, decidendo che la carriera a lui più congeniale è quella del soldato insensibile, freddo e spietato.
I primi colpevoli della corruzione del suo animo acerbo sono, naturalmente, i genitori, che si lasciano tranquillamente sostituire nell’educazione da uno schermo televisivo. Veicolo di immagini, a poco a poco esso reclama e ottiene sempre più potere nella giovane mente: colori e suoni si proiettano sul suo volto attento, finendo poi per guadagnarsi l’intera inquadratura e il completo interesse di Alex che, tramite uno zapping frenetico, assorbe una commistione di generi e programmi che hanno come comune denominatore la cruda violenza. Quest’ultima vive negli occhi, nella mente, nei gesti di uno sfacciato bulletto dall’indole corruttibile e mutevole, che, nello stesso tempo, non cessa di essere un bambino. Fa i capricci, ha una fantasia che corre selvaggia e genera l’amico immaginario – il personaggio più interessante nell’intera pellicola – che lo segue fedele ovunque vada. Un compagno di giochi, un fidato confidente che risponde sensibile al mutare del suo animo: può essere il gentile ed armonioso angelo che tanto assomiglia all’astronauta che varca i confini del cielo, oppure trasformarsi nel diavolo che abita le rosse profondità della terra, assatanato di vendetta e sangue, come la sua visione di soldato. Entrambi sono al suo fianco, due grilli parlanti che gli sussurrano alle orecchie idee di grandezza; ciò che non riesce a capire è che loro altro non sono che proiezioni della sua stessa fantasia, costante compresenza del bene e del male. C’è frenesia in lui, una lotta interiore che lo fa vivere galleggiante nell’indecisione: allo stesso modo la macchina da presa segue questo suo fluttuare, attraverso movimenti lenti e prospettive contorte che sfruttano la sensazione di enfasi o, all’opposto, di compressione, il chiaroscuro e un montaggio rapido. Una denuncia che segue i tempi moderni, coraggiosa e senza mezzi termini, aggiungendo purtroppo troppi particolari ad una storia che è già di suo ricca di implicazioni morali e tragicità.