La violenza nascosta
Una famiglia normale, padre, madre e figlia piccola, ceto medio di provincia, apparentemente felici. Dietro le pieghe della vita quotidiana, ecco la violenza. Tra una percossa e l’altra tutto scorre normalmente: i giochi con la bambina, le passeggiate nel parco, un pranzo sereno tutti insieme, financo scherzi, baci, intimità tra i due coniugi. La quiete prima della tempesta che scoppia improvvisa, spesso per un motivo futile.
L’inquietante e apparente rimozione da parte di entrambi, violento e vittima, delle liti, delle urla, delle botte. L’aumentare dei lividi sul corpo di Christine scandisce lo scorrere del tempo, ma tutto continua come se niente fosse, fino a quando sarà troppo tardi. Philip Gröning (Il grande silenzio), costruisce una parabola che mette al centro il tema della violenza domestica, legandolo però indissolubilmente al tema dell’amore. L’amore che tra i due consorti è malato, possessivo, destinato all’autodistruzione, e tuttavia è un legame difficile da rompere, necessario a lui, ineluttabile per lei, assalita dall’unica persona capace anche di desiderarla e, a suo modo, di amarla. In tutto questo la piccola Clara, coccolata da entrambi, è l’inconsapevole ancora di salvezza del nucleo familiare: beneficiaria dell’affetto paterno e delle amorevoli attenzioni della madre, non potrà rimanere per sempre esclusa dalla verità oscura che domina nella casa, e l’innocente occhio infantile dovrà suo malgrado aprirsi sulla realtà così spaventosa da risultare quasi irreale. Groning conduce il suo racconto verso un finale aperto, che lascia margine all’interpretazione personale, ma non muta il respiro del film, mura domestiche che implacabili si chiudono sui loro ospiti, fino a soffocarli. Impossibile aspettarsi altro che tragedia. La moglie del poliziotto ha il merito di affrontare con il giusto distacco emotivo, senza mai scivolare in asettica freddezza, l’impervia tematica della violenza in famiglia, quella nascosta e più subdola, contemporaneamente fisica e psicologica. Tuttavia la forza del film è compromessa da una lunghezza eccessiva, in cui la dilatazione dei tempi appesantisce una narrazione già autonomamente faticosa e frammentaria per la scelta discutibile di Groning di una divisione del racconto, di “dogmatica” memoria, in cinquantanove (!) brevissimi capitoli. Di conseguenza, la scelta di per sé coraggiosa di non mostrare quasi mai i momenti di violenza risulta forse troppo frustrante per gli spettatori, chiamati a sobbarcarsi quasi tre ore di vita quotidiana di un’anonima famiglia in un’anonima provincia. Senza arrivare al voyeurismo di Kechiche con i suoi corpi nudi femminili, ci si potrebbe accontentare di un compromesso alla Miss Violence, a proposito d’inferni familiari e di film sicuramente più riusciti.
La moglie del poliziotto [Die Frau des Polizisten, Germania 2013] REGIA Philip Gröning.
CAST Alexandra Finder, David Zimmerschied, Pia e Chiara Kleemann.
SCENEGGIATURA Philip Gröning, Carola Diekmann. FOTOGRAFIA Philip Gröning. MUSICHE Andreas Donauer.
Drammatico, durata 175 minuti.