“Il re pallido”
Nel 1996 lo scrittore David Foster Wallace viene accompagnato durante il tour promozionale del libro Infinite Jest dal giornalista David Lipsky che, tra viaggi, reading e solitudini casalinghe insieme a Wallace, prova a comprenderne la sua stessa natura di uomo di “parola” più che di scrittura.
Il film dell’habitué del Sundance, James Ponsoldt, selezionato alla Festa del Cinema di Roma 2015, è la storia di due uomini di lettere che si studiano a vicenda senza mai essersi incontrati prima. 
Non porteranno avanti un sodalizio a lungo termine, a differenza di quanto accadde tra il guru della Apple Steve Jobs e il reporter Brent Schlender, ma si rincorreranno per soli cinque giorni in occasione del tour di presentazione del celebre Infinite Jest. The End of the Tour non mette a nudo il cuore di David Foster Wallace, come era intenzione delle prose intime baudelairiane, ma sfrutta una facciata da biopic per dissimulare la storia semiseria di un romanziere che seppe nascondersi a lungo dietro la “noia” delle sue vanità e delle sue cattive abitudini. Neanche David Lipsky, reporter di Rolling Stones, riuscì mai a conoscere davvero la sua “pietra rotolante”, impaurita dalla “derealizzazione” sociale e spinta più che dal desiderio di fama imperitura, dalla volontà di preservare fino in fondo il suo tormento esistenziale. Teledipendente e consumatore compulsivo di cibi-spazzatura Wallace rimane a stretto contatto del suo “segugio” della carta stampata e, tra una scaramuccia e un fendente, ingaggia con lui un confronto-scontro che lo porta ad avvicinarsi e poi allontanarsi dal suo “oggetto di studio”. Se di manipolazione di materia letteraria si può parlare, lo si deve principalmente alla freschezza narrativa che contraddistingue la finzione della vita vissuta inscenata tra le pieghe di lunghe conversazioni sui più svariati argomenti e su un duplice rapporto instauratosi tra i due, entrambi scrittori. Tra rivalità velate e tentativi da parte di Lipsky di portare a galla il vissuto di David, “at the end of the tour” il “re pallido” – titolo del suo romanzo rappresentativo della sua fase annoiata – calzato a pennello dallo stralunato Jason Segel rimane inaccessibile nel suo intimo, ma sono svelate, nelle lunghe conversazioni tra i due, inquietudini e possibili cause di quello che nel 2008 sarà il gesto risolutivo di uno storyteller di culto: il suicidio. Più vicino alla dinamica fotografo-stella del cinema presente in Life che alla ostentata rivalità istituzionale di Frost/Nixon, The End of the Tour si situa nella zona di confine tra biopic e libera interpretazione d’autore, riuscendo ad essere un film di attori (ottimo Jesse Eisenberg) che respinge il contesto storico e mette in primo piano la dimensione (dis)umana di intervistatore e intervistato.
The End of the Tour [id., USA 2015] REGIA James Ponsoldt.
CAST Jesse Eisenberg, Jason Segel, Anna Chlumsky, Mamie Gummer, Joan Cusack.
SCENEGGIATURA Donald Margulies (tratto dal romanzo Come diventare se stessi di David Lipsky). FOTOGRAFIA Jakob Ihre. MUSICHE Danny Elfman.
Drammatico, durata 106 minuti.