Noi siamo infinito
A 16 anni si ama: si ama se stessi, i propri amici, si ama la propria visione del mondo e persino la propria malinconia. È un’età di passaggio e di presa di coscienza, in cui prende definitivamente forma il carattere e ci si avvicina – volenti o nolenti – alla maturità. I sensi sono aperti e ricettivi, al punto da rendere accettabili solo le sensazioni estreme: si sogna ad occhi aperti o ci si dispera, si ama alla follia o si odia con tutte le forze.
Lorenzo, Blu e Antonio, i protagonisti di Un bacio, contengono moltitudini: sono solitari e “sfigati” finché non si incontrano e non costruiscono un loro bozzolo, uno scudo per proteggersi da chi li discrimina. È tutto uno scherzo, basta un sorriso per diventare migliori amici; ed è tutto al contempo una tragedia, nel momento in cui un semplice gesto scompagina l’equilibrio raggiunto. Il primo aggettivo che ci viene in mente dopo la visione di Un bacio è “coraggioso”: ci vuole coraggio per raccontare questa stagione della vita senza retorica, ci vuole coraggio per trasporre in immagini i voli pindarici di un racconto che nasce come romanzo, e infine ci vuole un’infinita faccia tosta per mettere in piedi una vicenda che si discosti in modo netto dal plasticoso buonismo alla Federico Moccia. Ivan Cotroneo – che si è fatto le ossa come sceneggiatore, per poi passare alla regia nel 2011 con l’insolito La kryptonite nella borsa – ce la mette tutta per cavalcare le tematiche del bullismo, dell’accettazione del diverso e della quotidianità social, coadiuvato da una colonna sonora che esplode col tema portante di Hurts di Mika (il cui video è stato girato a Udine, così come il film). Minuto dopo minuto però sorgono problemi insormontabili, che trasformano l’audacia di cui sopra in semplice bizzarria. A partire dal target: a chi è diretto Un bacio? Sembrerebbe agli adolescenti, ma il linguaggio utilizzato è ingessato e maldestro (le sequenze musicali, le parti animate). E d’altro canto agli adulti restano le briciole, perché il punto di vista cerca di aderire totalmente allo spirito dei tre personaggi principali. Ciò a cui assistiamo non è del tutto inverosimile, ma risente delle difficoltà di interpreti poco a loro agio sia per mancanza di esperienza che per una scrittura troppo “a tesi”: i caratteri dell’omosessuale vessato, della ragazza facile che nasconde un segreto e dello sportivo ritenuto stupido sono eccessivamente calcati e dimostrativi, e nel tentativo di risultare credibili finiscono per ottenere il risultato opposto. Un bacio pretende tutto e subito, esattamente come i suoi protagonisti impazienti e bisognosi di conferme. E snatura la propria identità, correndo verso un finale che vorremmo descrivere per l’ennesima volta come coraggioso ma che invece non possiamo far altro che definire unicamente… stravagante.
Un bacio [Italia 2016] REGIA Ivan Cotroneo.
CAST Rimau Grillo Ritzberger, Valentina Romani, Leonardo Pazzagli, Thomas Trabacchi.
SCENEGGIATURA Ivan Cotroneo, Monica Rametta. FOTOGRAFIA Luca Bigazzi. MONTAGGIO Ilaria Fraioli.
Drammatico, durata 101 minuti.
Vero, finale stravagante. Però seppur con molti stereotipi e momenti da fiction tv, è un film vero da far vedere a tutti gli adolescenti. Peccato che si perda perché poteva essere un gran film !
Non ci si può improvvisare registi e sceneggiatori, qualcuno lo dica a Cotroneo (che già “La kryptonite nella borsa” era imbarazzante).
Bella Udine eh. Ma il film…
No ma perchè c’è questo processo a Un bacio? Tutti parlano come se fossero degli esperti sul tema. Non credo che sia un gran film, non ai livelli del mitico e inimitabile Breakfast Club, ma non è neanche da buttare. É la storia di tre adolescenti che vivono i problemi dell’età ognuno a modo suo: chi si rifugia nella scrittura, chi nei siparietti musicali e c’è chi invece si fa credere stupido per non affrontare il problema che lo affligge. Io non ci trovo nulla di strano o di assurdo. Sembra un pò Glee con le atmosfere drammatiche alla Gus Van Sant. Si tratta sempre di un teen movie. Se volevate la scrittura dei mitici teen movies anni 80, questo non è un film che fa per voi.
Magari Cotroneo ricordasse anche solo vagamente Van Sant.
Sebbene ci siano molti elementi detestabili (animazioni su tutto) e si cada spesso nello stereotipo, il film non è certo da buttare. Anzi! Concordo con Moschio sul fatto che sia da far vedere a tutti gli adolescenti. Quanto al finale, il senso è da ricercare nella battuta “Bastava poco…” ma forse non tutti riescono a coglierlo.
Ben detto!