Putesse essere allero
Prende il titolo dal festival filosofico ideato da Luciano Stella, produttore e anche tra gli sceneggiatori del film, ed è proprio una scommessa vinta, un bel lungometraggio, costato solo 800000 euro, realizzato e ambientato a Napoli, mai così piovosa e malinconica come qui. Selezionato come evento fuori concorso nella Settimana della critica all’ultimo Festival di Venezia, è un lavoro ambizioso, un tentativo riuscito di fare cinema d’animazione adulto, sulla scia di film come Valzer con Bashir.
Si tratta, in sostanza, di attribuire ai dialoghi tra i personaggi la stessa importanza dell’azione e confrontarsi, quindi, con un’idea di sceneggiatura più vicina a quella di un film drammatico d’autore con attori in carne e ossa che a quella disneyana, per intenderci. Poco male se questo comporta una sorta di straniamento per lo spettatore, abituato ad inforcare occhialini 3d per guardare i film d’animazione, o a continui inseguimenti, corse o combattimenti. Qui siamo proprio da un’altra parte. E se a tratti si può accusare una certa verbosità o didascalicità, quasi inevitabile quando si osa trattare temi alti come la morte, il lutto, il rapporto tra fratelli, la musicalità del film, la sua bella colonna sonora, lo rendono gradevole ed efficace. Sono i tanti brani eseguiti da musicisti della scena indipendente napoletana a dare ritmo al film. Non si fa affatto fatica a prendere a cuore il protagonista de L’arte della felicità, cioè il tassista quarantatreenne Sergio, sofferente per la scomparsa del fratello maggiore Alfredo (il film è dedicato ad Alfredo Stella, fratello del produttore). La relazione tra i due è ricostruita in numerosi e sintetici flashback. La rabbia di Sergio, invece, è espressa in un monologo che ricorda quello di Monty ne La 25a ora. Si parteggia per Sergio, che vive di ricordi e fotografie, mentre cerca di ritrovare la cantante Antonia, si ascoltano insieme a lui i racconti dei suoi vari clienti saliti sul taxi. Un’umanità eterogenea, portatrice di narrazioni significative e riflessioni profonde. C’è lo speaker radiofonico di una trasmissione intitolata esattamente come il film, lo spettrale zio Luciano (a cui viene assegnata una battuta antiberlusconiana), perfino uno sfasciacarrozze sosia di Maurizio Nichetti (omaggio voluto e meritato al suo cinema libero). Tutti contribuiscono, con i loro discorsi, alla presa di coscienza del protagonista, ex pianista, una carriera stroncata sul nascere, un futuro più consapevole. “Finché i musicisti non scendono dai taxi…”
L’arte della felicità [Italia 2013] REGIA Alessandro Rak.
CAST (DOPPIATORI): Leandro Amato, Renato Carpentieri, Riccardo Polizzy Carbonelli, Jun Ichikawa.
SCENEGGIATURA Nicola Barile, Alessandro Rak, Luciano Stella, Paola Tortora. MUSICHE Antonio Fresa, Luigi Scialdone.
Animazione, durata 76 minuti.