Nulla di vero, tranne gli Occhi
Non è poi così facile definire i confini del cosiddetto cinema “indipendente”. Indipendente da chi, da cosa? Negli Usa si ragiona per esclusione: se non è un blockbuster, se alla regia c’è un autore non affermato e se il plot non segue canoni classici, allora trattasi di opera indie.
Ma così nel calderone finisce di tutto, ultima tendenza quella delle “famiglie disfunzionali” – dal capostipite I Tenenbaum (era il 2001) fino alle variazioni sul tema American Life e I ragazzi stanno bene. Non tanto una libertà economica quanto di contenuti, quindi. In Italia il ragionamento si fa più pragmatico. Un film è indipendente quando ha un budget risicatissimo e, di conseguenza, è lontano dal supporto delle major. Come Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti che, nel 2005, partendo da un’autoproduzione e dalla storia “provinciale” di un piccolo paese fece sì parlare i suoi protagonisti in dialetto occitano, proponendo però all’opposto una riflessione universale. Il regionalismo come veicolo per lo sviluppo di una propria idea di cinema è anche la scelta fatta dall’udinese Lorenzo Bianchini con l’esordio Radice quadrata di tre (2001), horror girato in digitale e recitato in lingua friulana. Dopo Custodes Bestiae (ad oggi il risultato più coraggioso) e Film sporco, ora è la volta di Occhi, approdo di Bianchini al thriller psicologico e abbandono dell’autofinanziamento (produce il portoghese Villa-Lobos). Ma bastano poche sequenze per capire come in realtà ci si trovi di fronte a un prolungamento di esso. La vicenda del restauratore chiamato in un’austera villa per riparare preziosi affreschi dell’800 danneggiati dalla furia di uno scalpello è un gioco d’ambienti e d’atmosfere spesso ingenuo nei dialoghi e nelle parti di raccordo, oltre che negli effetti speciali. Riconoscendo ancora una volta i limiti cui va incontro, il regista sceglie allora la via della suggestione, delle vertigini e delle inquietudini che titillano l’inconscio dello spettatore e ne stuzzicano l’inventiva, chiamandolo a un ruolo attivo e consapevole. Gli oggetti caricati di significati inquietanti, le inquadrature protese verso l’oscurità e il senso di attesa malata di cui l’opera è pervasa hanno un unico obiettivo: fare di necessità virtù, e nell’impossibilità di “esibire” il mostro, provare a “suggerirlo”. Non vediamo l’anomalia, ma la cerchiamo, convincendoci dell’assoluta veridicità della nostra visione. I nostri (cine)occhi ci ingannano, e la missione (indipendente) può dirsi riuscita.
Occhi [Italia 2010] REGIA Lorenzo Bianchini.
CAST Sofia Marques, Giovanni Visentin, Edo Basso, Michele Bazzana, Gianni Nistri.
SCENEGGIATURA Lorenzo Bianchini. FOTOGRAFIA Ivan Scialino. MUSICHE Marco Giardina.
Horror/Thriller, durata 72 minuti.