Bruciarsi le ali
La visione “consapevole” di Zambezia necessita di un preambolo: trattasi infatti dell’opera prima della casa d’animazione sudafricana Triggerfish, avvezza alla regia di spot pubblicitari. È una conoscenza pregressa necessaria, perché se fossimo davanti ad un lavoro della DreamWorks o della Pixar grideremmo allo scandalo.
I due studi principi dell’animazione mondiale ci hanno abituato ad una tale perfezione visiva che ogni qualvolta l’asticella della qualità si abbassa di un poco gli occhi ne restano offesi. Da questo punto di vista allora, non possiamo che apprezzare Zambezia: nonostante evidenti limiti tecnici assenti nei prodotti Usa – cui vale la pena aggiungere anche la presenza di un regista esordiente, Wayne Thornley – il film regge decorosamente. Il viaggio di crescita del falchetto Kai che si ribella al padre Tendai e fugge nella maestosa città per volatili di Zambezia (eretta sul bordo delle cascate Victoria ed immersa nel tronco di un enorme baobab) é una parabola fondata sull’abbandono del nido e sull’emancipazione, che crea una forte contrapposizione fra Buoni (cicogne, falchi pellegrini, caprimulgi) e Cattivi (il temibile varano Budzo, gli emarginati marabù) al fine di favorire l’immedesimazione coi protagonisti. La morale poi non fa una piega, attingendo al precetto dell’unione che fa la forza. “Zambezia non é solo un luogo, è un’idea di comunità e condivisione, di difesa reciproca” afferma Kai poco prima della riscossa, e i genitori nel buio della sala capiranno che la missione è felicemente compiuta. Ma la medaglia ha ovviamente un rovescio: Zambezia è un film imitativo, che ricerca una propria identità nel copia & incolla di situazioni e avventure già assaporate e digerite. Nonostante la messe di colori briosi e voli pindarici, non c’è reale stupore in nulla di ciò che accade. Gli scenari africani rimandano ai fasti del Re leone, la velocità di inseguimenti e picchiate tra i cieli giunge in ritardo rispetto ad un’animazione ineccepibile come quella di Rio. Ancor prima degli adulti, saranno gli smaliziatissimi bambini a notare la scarsa definizione delle piume, l’acqua che a tratti si muove a scatti, la confusione delle sequenze aeree. Come per il caro vecchio Icaro che peccando di presunzione volò troppo vicino al Sole bruciando le proprie ali, la sensazione è che la Triggerfish punti molto, troppo in alto. Si può apprezzare il tentativo, ovviamente; ma è lecito anche domandarsi perché scegliere l’emulazione di un modello che oggi è al massimo delle proprie potenzialità invece di intraprendere una via più autonoma e originale. Così, Zambezia finisce nel calderone di un immaginario reiterato fino alla nausea, e tra una settimana non ce ne ricorderemo più.
Zambezia [Id., Sud Africa 2012] REGIA Wayne Thornley.
CAST (DOPPIATORI ORIGINALI) Abigail Breslin, Jeff Goldblum, Leonard Nimoy, Samuel L. Jackson.
CAST (DOPPIATORI ITALIANI) Davide Garbolino, Lorenzo Scattorin, Debora Magnaghi, Diego Sabre.
SCENEGGIATURA Andrew Cook, Raffaella Delle Donne, Anthony Silverston, W. Thornley. MONTAGGIO Michel Smit, Paul Speirs, Luke MacKay. MUSICHE Bruce Retief.
Animazione, durata 83 minuti.