SPECIALE GIORGIO DIRITTI
Nello stato di eccezione
Il tempo della guerra e il tempo dell’attesa. Il tempo ciclico di un’esistenza contadina, dentro la quale affondano le radici di un paese, l’Italia, che era prevalentemente rurale solo tre generazioni fa. E lo squarcio, irrimediabile, di una bestialità disumana.
Diritti sgrana i mesi che separano la piccola Martina dalla nascita dell’agognato fratellino: ritmi, silenzi, rituali, stagioni, consuetudini apparentemente immutabili di una comunità agricola come tante, tra le nebbie e le colline dell’Emilia. Potrebbe essere un tempo qualunque, sospeso in qualche momento del Novecento, invece è il 1944 e la Linea Gotica è zona di guerra e guerriglia, una ferita aperta e lancinante. Martina è una voce muta e dunque ci parla per immagini, i suoi occhi attenti e spalancati restituiscono un punto di vista che sprofonda lo spettatore dentro dieci mesi di (R)esistenza quotidiana, ancorati ai gesti eterni del nostro passato contadino. “L’uomo che verrà” tanto desiderato arriva, e poi arrivano anche i tedeschi, a dilaniare con una strage enorme e inconcepibile quell’universo e la nostra Storia: l’eccidio di Monte Sole, durante il quale vennero massacrati, oltre a 554 adulti (principalmente anziani e donne), 216 bambini (bambini, proprio come Martina). Diritti ricostruisce la campagna italiana del secondo conflitto mondiale con tratti scarni ed essenziali, con attenzione alla verosimiglianza storica e sociale, imponendo l’uso del dialetto (e dei sottotitoli) per restituire un sapore al tempo stesso familiare e ancestrale, ma, soprattutto, autentico. La lezione olmiana e rosselliniana è evidente ed è forse l’unica possibile per perseguire il duplice scopo di un’immedesimazione necessaria e di un pudore etico e antispettcolare. Lo sguardo trasparente del regista bolognese cristallizza lo stato di eccezione in cui il nazismo e il fascismo precipitarono un’intera nazione (riassunta nella comunità di Marzabotto, nella placida messa in scena dei suoi riti così vitali e atavici), seppellendo tutte le categorie dell’umano sotto l’arbitrarietà ingiustificabile della violenza e della sopraffazione (consigliatissimo, a tal proposito, l’ottimo Lo stato di eccezione. Processo per Monte Sole 62 anni dopo di Germano Maccioni, perfetto contraltare documentaristico alla ricostruzione finzionale di L’uomo che verrà). E reclama per il pubblico, oltre il monito alla memoria, l’esigenza di un’irrinunciabile, a volte insostenibile ma obbligatoriamente consapevole, condivisione.
L’uomo che verrà [Italia 2009] REGIA Giorgio Diritti.
CAST Maya Sansa, Alba Rohrwacher, Greta Zuccheri Montanari, Eleonora Mazzoni.
SCENEGGIATURA Giorgio Diritti, Giovanni Galvotti, Tania Pedroni. FOTOGRAFIA Roberto Cimatti. MUSICHE Marco Biscarini, Daniele Furlati.
Drammatico/Storico, durata 117 minuti.