Indagine su una commedia al di sopra di ogni sospetto
Si fa presto a parlare di “commedia all’italiana”. Si fa presto a nominare Gassman, Sordi, Monicelli, Germi, e a suggerire improbabili paragoni. Ma in Italia la memoria storica (non solo cinematografica) è breve e in questi giorni riviste, blog e tv varie il grossolano errore – probabilmente attingendo tutti dal medesimo comunicato stampa – l’hanno compiuto.
Faccio un salto all’Avana è una commedia ed è pure italiana, ma cosa può avere in comune con quella stagione del nostro cinema? Niente, non foss’altro per una questione di mera tempistica: parlare oggi di latitanza, truffe, libertà sessuale e paradisi esotici (e fiscali) assume tutt’altre connotazioni rispetto agli anni ’50 e ’60, periodo di boom economico ed emancipazioni. L’esile trama è presto detta: Fedele, medioman remissivo, scopre che la morte del disonesto fratello Vittorio, avvenuta anni prima, è stata un imbroglio. Decide quindi di recuperare il familiare latitante all’Avana per riportarlo alle sue responsabilità. Ma nulla andrà come previsto. La pellicola di Dario Baldi – regista conosciuto per i videoclip dei Negramaro e per lo spot della Pepsi – è una pochade lieve con picchi di isteria comica e romanticismo puberale, che si mostra spensierata e ci inganna veicolando sottotraccia un messaggio tutt’altro che innocuo. Così, mentre il “buono” Brignano (le cui gag vincono in tv, non al cinema) e il “cattivo” Pannofino (il Renè Ferretti di Boris) ballonzolano per l’Avana a suon di battute da avanspettacolo come “tu sei di Cuba, sei cubista”, di scena in scena aumenta il carico ingombrante dei cliché: perché a Cuba si viene solo per le donne, tutti guardano telenovelas e i guerriglieri che sostengono la Revoluciòn in realtà sono dei maneggioni impuniti. Il rovesciamento finale – lungi dall’essere fedele al modello “alto” di riferimento – giustifica le frodi, le bancarotte e i libertinismi di cui sopra, invece di pungerli e ribaltarli. Vince l’amore, certo: ma legittime mogli, figli e impegni sono abbandonati a loro stessi; il latitante continua a scappare portandosi appresso l’amante preferita e il protagonista non più ingenuo resterà all’Avana con la sua nuova, fresca e giovane compagna cubana. Sui titoli di coda chiudiamo gli occhi e immaginiamo il proprietario di Medusa S.p.a. (che per dovere di anonimato chiameremo Silvio B.) farsi quattro risate, mentre firma per la produzione e distribuzione a tappeto del film. Ora forse ci sarà più chiaro il senso di un’operazione come Faccio un salto all’Avana.
Faccio un salto all’Avana [Italia 2011] REGIA Dario Baldi.
CAST Francesco Pannofino, Enrico Brignano, Paola Minaccioni, Virginia Raffaele.
SCENEGGIATURA Lorenzo De Marinis, Massimiliano Orfei. FOTOGRAFIA Vittorio Omodei Zorini. MUSICHE Alessandro Forti, Francesco De Luca.
Commedia, durata 108 minuti.