SPECIALE PAOLO VIRZÌ
Questione di classi
C’è sempre una divisione che determina la condizione e le differenze tra i personaggi nelle storie raccontate da Paolo Virzì, punto di vista binario che suddivide un Paese in progressisti e conservatori disinteressati, come succedeva paradigmaticamente in Ferie d’agosto.
Il costante apporto in fase di scrittura di Francesco Bruni ha portato a problematizzare continuamente lo sguardo di sinistra proprio del regista, evitando le nette divisioni ma lasciando sfumature che spesso riempiono di amarezza e contraddizioni anche i personaggi più vicini alla morale del racconto. Quello di Virzì è sempre stato un cinema – nonostante tutto – schematico, ma non per questo meno piacevole e interessante, soprattutto per come la sua struttura si declini alle cose: ricchi e poveri, intellighenzia e menefreghismo si confrontano per contendersi spesso un campo di mezzo, il ceto medio, provinciale e meno cosciente delle fazioni culturali del Paese. Il capitale umano non fa eccezione: se Tutti i santi giorni cercava di mostrare il precariato nel tentativo d’indipendenza, ma sempre in bilico tra la stabilità e il baratro, nell’ultima pellicola l’ascensore sociale diviene il meccanismo principe di un ceto medio che vive nell’aspirazione, come una carrucola in sali e scendi continuo, ma soffocato nel suo stesso sogno. Il piano superiore, definito dalla ricca famiglia Bernaschi, fredda e slegata, che vive splendidamente grazie alla speculazione finanziaria, e il piano inferiore, proprio di Luca, ragazzo accusato di spaccio ma addossandosi colpe non sue. In mezzo ci sono Dino e Serena, padre e figlia, ponte di collegamento tra i due mondi, il primo con mire espansionistiche attraverso il legame con l’impresa Bernaschi, e la seconda che scopre il vero sentimento solo allontanandosi dal mondo distaccato di Bernaschi Jr., per avvicinarsi a quello sofferto ma felice di Luca. Virzì realizza una delle sue opere più compiute facendo coincidere la variabile sociale di chi vive nel mezzo alla struttura thriller della pellicola. Un sali e scendi di sistema che porta ad osservare sempre di più se stessi all’interno di un meccanismo del sacrificabile che è prima di tutto umano. Virzì completa la sua opera più direttamente anticapitalista, raggiungendo un equilibrio tra forma e contenuto, nel quale l’uomo dentro il sistema si riconosce nella propria solitudine, e come una tessera di un puzzle solo inconsciamente si sistemerà all’interno di un quadro globale.
Il capitale umano [Italia 2014] REGIA Paolo Virzì.
CAST Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino, Fabrizio Gifuni.
SCENEGGIATURA Paolo Virzì, Francesco Bruni, Francesco Piccolo (tratta dall’omonimo romanzo di Stephen Amidon). FOTOGRAFIA Jérôme Alméras. MUSICHE Carlo Virzì.
Drammatico, durata 109 minuti.