Un ritorno infelice
“Lo spunto è in gran parte autobiografico, parla di uno scrittore-editor che torna a Istanbul, dove è nato, per correggere il libro di un regista alle prese con il suo primo romanzo”: così Ferzan Ozpetek, intervistato da La Stampa, racconta Rosso Istanbul. Sembra passato solo un giorno da Il bagno turco e potrebbe essere una cosa buona, come quando si parla dei grandi amori, invece non lo è.
Non c’è maturazione né crescita nella sua ultima prova, c’è solo autocompiacimento. Nel noir “amoroso” del regista c’è tutto e niente: ci sono Le fate ignoranti con le loro disperate storie d’amore, ci sono Mine vaganti intrappolate nei soliti cliché (lui-lei-l’altro, le figure femminili di una famiglia ingombrante), fantasmi bloccati a guardare La finestra di fronte. Ogni cosa è mescolata nella vicenda dello scrittore Orhan (Halit Ergeç) che si imbatte nei ricordi d’infanzia della sua Istanbul, attraverso l’odissea artistica e umana di Deniz (Nejat Isler), scomparso nel nulla. I personaggi che affollano la scena sanno di già visto e puzzano di già narrato, dalla madre alla cameriera, da Neval a Yusuf. Emerge fin da subito un’inconsistenza di base, le parole dei protagonisti galleggiano in un mare di frasi fatte (“Niente è più importante dell’amore”) e banalità (“Le separazioni sono per chi ama con gli occhi, chi ama col cuore non si separa mai”), si propongono discorsi mai finiti e troppe storie che rendono incomprensibile capire quale sia la principale. Il melodramma che rende ogni cosa melliflua e pietosa (la storia d’amore tra Orhan e Neval, quella tra Deniz e Yusuf) dovrebbe aver ancor più forza proprio perché Rosso Istanbul è tratto dall’omonima autobiografia di Ozpetek; invece incredibilmente qui manca proprio la sincerità. L’amore, il dolore, la disperazione sono talmente accentuati da muovere con sferzanti scudisciate quelle figurette in balìa dei loro stessi sentimenti, così esasperati da essere poco credibili. È strano che l’atmosfera di Rosso Istanbul non sia poi tanto diversa da quella dei suoi film “italiani”: non bastano i paesaggi, quelli in cui Ozpetek ha vissuto, il Bosforo, le “Mamme del Sabato” per far vivere l’atmosfera della città turca e non di qualunque altra città. Il cineasta italo-turco, che si racconta cittadino del mondo e narratore di molte realtà, torna nella sua terra d’origine senza però tornarci veramente; il risultato è un film confuso che non lascia niente allo spettatore inerme.
Rosso Istanbul [Istanbul Kirmizisi, Turchia/Italia 2017] REGIA Ferzan Ozpetek.
CAST Halit Ergeç, Nejat Isler, Mehmet Günsür, Tuba Büyüküstün.
SCENEGGIATURA Ferzan Ozpetek, Gianni Romoli, Valia Santella (tratta dall’omonimo romanzo di Ferzan Ozpetek). FOTOGRAFIA Gian Filippo Corticelli. MUSICHE Giuliano Taviani, Carmelo Travia.
Drammatico, durata 115 minuti.