C’era una volta il reale
L’interpretazione fiabesca della realtà deve aver preso la mano a Leonardo Di Costanzo: L’intervallo, ottimo esordio nel cinema a soggetto dopo un’onorata carriera da documentarista, portava le influenze surreali e le suggestioni visive ad approfondire la realtà. Col secondo film, L’intrusa, però sembra che della fiaba il regista abbia preso solo gli spunti didattici appiattendo la resa filmica.
Il film racconta di una comunità realmente esistente a Napoli in cui i genitori portano i bambini per farli sfuggire alle dinamiche della strada e della micro-criminalità: quando all’interno del luogo viene accolta una donna con figli e un passato nella camorra, la situazione di serenità comincia a incrinarsi. Scritto da Di Costanzo con Maurizio Braucci e Bruno Oliviero, L’intrusa parte dal centro ricreativo “La Masseria” per creare un dramma umano realistico, pieno di argomenti di attualità estendibili a vari campi, ma che pecca laddove Di Costanzo aveva saputo incantare: l’uso dell’elemento filmico. Partendo dalla questione dello spazio reale e cinematografico: il cinema di Di Costanzo si basa su luoghi e spazi veri (come il palazzone abbandonato de L’intervallo) intesi come terreni di scontro e confronto e anche il centro ricreativo non fa eccezione, con le questioni generazioni, sociali e culturali al centro del racconto. Dove L’intrusa però fa un passo indietro è nel modo in cui questo spazio viene visto, interpretato e mostrato dall’occhio del regista: partendo per esempio dall’uso piatto della fotografia di Hélène Louvart all’uso narrativo, il centro assolve a una funzione comunicativa didattica, educativa che fa da perno a un racconto in cui i caratteri, le questioni in ballo, i personaggi che le risolvono (o no, ché Di Costanzo non è un’idealista) servono a spiegare una realtà e i suoi risvolti, limitando il valore della messinscena e dell’immaginario del film. Un film nobile, come lo ha definito Michele Anselmi, utile, urgente, ma forse non bello, sicuramente non del tutto riuscito, perché a partire dal tono monocorde e legnoso della protagonista Raffaella Giordano L’intrusa sacrifica il lavoro sull’interpretazione filmica del vero alla sua rappresentazione più immediata e “facile” (nel senso di elaborazione). Lo scontro tra mondi non diventa mai scontro di sguardi: è questo il principale difetto di un film che finisce sul limite delle opere “necessarie” e che a questa necessità sacrificano tutto. Non ci cade dentro, ma per poco.
L’intrusa [Italia 2017] REGIA Leonardo Di Costanzo.
CAST Raffaella Giordano, Valentina Vannino, Anna Patierno, Gianni Vastarella.
SCENEGGIATURA Leonardo Di Costanzo, Maurizio Braucci, Bruno Oliviero. FOTOGRAFIA Hélène Louvart. MUSICHE Marco Cappelli, Adam Rudolph.
Drammatico, durata 95 minuti.