L’invitata più dolce
Il miele rende più dolce ogni tipo di prodotto, alimentare e non, e la sua viscosità lo rende difficile da eliminare: Valeria Golino si ispira ad esso per il titolo del suo esordio nel lungometraggio, suggerendo una vicenda leggera e pacata che però nasconde un lato amaro e cupo.
Miele è il soprannome di Irene, una ragazza trentenne che “lavora” come assistente al suicidio assistito clandestino per i malati terminali, dall’acquisto del farmaco letale in Messico fino all’ultimo respiro del cliente. Miele ha imparato ad essere cinica e fredda nei confronti di chi ha di fronte e della vita, ma quando conoscerà l’Ingegner Grimaldi, un cliente particolare che le farà aprire gli occhi e la condurrà verso un nuovo cammino, tutte le sue fragili certezze crolleranno come un castello di sabbia. Valeria Golino sceglie di ispirarsi ad uno dei romanzi più neri di Mauro Covacich (A nome tuo) per una storia fatta di corpi, interpreti e grandi temi che a partire dall’eutanasia assistita – pratica illegale e sempre attuale – vira nella conoscenza di noi stessi e del nostro posto nel mondo. Con mano sapiente e sicura, dimostra di saper dirigere gli attori grazie alla sua esperienza davanti alla macchina da presa e, seppur con qualche schematismo di troppo e ingenuità da esordiente (su tutto i poco chiari rimandi al passato di Irene e il rapporto scontato tra lei e Grimaldi), imbocca la strada del cinema di qualità non banale. Non a caso la pellicola è stata scelta per rappresentare l’Italia al prossimo Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, e di sicuro sarà un lavoro che farà discutere non solo per l’argomento delicato di cui tratta. Miele è un film sugli esseri invisibili della società, che operano e vivono sotto gli occhi di tutti ma che sanno nascondersi – chi tra le mura di un appartamento, chi tra le onde del mare – e che devono ancora conoscersi: basti pensare alle ombre che presenti in tutto il film con cui Irene gioca ed esplora gli altri. Irene lungo il suo percorso si sposterà continuamente pur rimanendo ferma, in antitesi con ciò che invece si vede su schermo: il suo cambiamento arriverà quando tornerà a “muoversi” stabilendosi nella sua casa in riva al mare. Miele parla direttamente allo spettatore senza dimenticarsi dei tempi d’oggi, colmi non solo di crisi economica ma anche esistenziale. Primi piani e sguardi in macchina di una realtà sincera, niente patetismi e lacrime facili: un esordio che fa ben sperare e che fa conoscere un’autrice innamorata del cinema con uno stile ben preciso, figlio di una carriera poliedrica di matrice internazionale. Da sottolineare le performance di Jasmine Trinca e di Carlo Cecchi, l’affermazione e la consacrazione di due attori in continuo divenire pieni di vita in un film carico di morte.
Miele [Italia/Francia 2013] REGIA Valeria Golino.
CAST Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero De Rienzo, Vinicio Marchioni.
SCENEGGIATURA Francesca Marciano, V. Golino, Valia Santella. FOTOGRAFIA Gergely Pohàrnok.
Drammatico, durata 96 minuti.