Deejay Kaspar
In un’isola fuori dal tempo, trasportato dalle onde di un mare sconosciuto, arriva un misterioso giovane, biondo ed efebico, due cuffie nere che pompano musica nelle sue orecchie e sangue nelle sue vene. È un santo Kaspar Hauser? O un impostore? Di certo è un semplice, un puro, un innocente incapace di difendersi dalla crudeltà del mondo e destinato, inevitabilmente, alla morte.
In un’umanità post-apocalisse, i pochi uomini rimasti si sono fatti simboli, archetipi: lo Sceriffo, Il Prete, il Pusher, la Granduchessa, la Puttana, il Servo. Imprigionati nel loro ruolo, personaggi estraniati che si dibattono in un mondo silenzioso e in rovina, vedranno in Kaspar la possibilità di interrompere lo stralunato equilibrio, nel corpo seminudo scosso da vibrazioni elettroniche l’immagine di un indecifrabile messia forse portatore di una nuova verità. Lo Sceriffo si prenderà cura di lui, il Prete bramerà risposte esistenziali e rivelatrici, la minacciosa Granduchessa richiederà dei miracoli che ne provino l’origine divina. Kaspar Hauser imparerà solamente a suonare la consolle, rendendo concreti quei suoni mentali che ne squassano il corpo e coinvolgendo nell’ancestrale danza il suo mentore, lo Sceriffo, e la Puttana, creatura ingenua quanto lui. Ma la musica riuscirà a salvargli l’anima, non il corpo. Davide Manuli si diverte in una rilettura apocalittica, paradossale e volutamente criptica della breve vita del celebre “Fanciullo d’Europa”, dalla sua enigmatica apparizione alla sua morte violenta. In un mondo fotografato in un bianco e nero straniante, in cui è utopico ormai ricercare un senso, tra un prete errante che ha smarrito la fede, una regina di cuori che non ha più teste da tagliare e lo slang americano di un folle sceriffo orfano di John Ford, il deejay Kaspar Hauser, uomo e allo stesso tempo donna, tenta con la sua musica di dare la propria risposta ma forse l’unica soluzione è ballare fino a stordirsi. Più beckettiano del suo precedente Beket (una rilettura di Aspettando Godot), Manuli scrive e dirige un film non di facile lettura, che lascia allo spettatore la più totale libertà, anche di odiarlo, e apre la strada alle più personali interpretazioni. Di certo ci consente di ammirare nuovamente Vincent Gallo e di scoprire l’androgina bellezza dell’attrice teatrale Silvia Calderoni che regala una performance corporea notevole sui ritmi metallici delle musiche elettroniche di Vitalic. A Manuli, che lascia spazio ai suoi attori con lunghe inquadrature fisse non banali, si perdona qualche dilettantismo (come le comparsate di un microfono impertinente). Per conoscere l’affascinante storia del misterioso ragazzo recuperate Herzog (L’Enigma di Kaspar Hauser), per immergersi in un’esperienza inusuale, nella trita programmazione che ci introduce alla lunga estate, ecco La leggenda di Kaspar Hauser.
La leggenda di Kaspar Hauser [Italia 2012] REGIA Davide Manuli.
CAST Vincent Gallo, Silvia Calderoni, Fabrizio Gifuni, Claudia Gerini, Elisa Sednaoui.
SCENEGGIATURA Davide Manuli. FOTOGRAFIA Tarek Ben Abdallah. MUSICHE Vitalic.
Drammatico, durata 95 minuti.