Le contraddizioni del diritto al piacere
Questa è la storia dello Slow Food, un movimento internazionale che nasce come resistenza al cibo fast, minaccia globale per tutto il pianeta. Anzi, diciamoci la verità: questa è la storia di Carlo Petrini detto Carlìn, fondatore/guru che inseguiamo fin dai primi vagiti in quel di Bra. Per chi pensa che la definizione “documentario” sia sinonimo di oggettività, Slow Food Story è un ottimo deterrente, perché – tra il serio e il faceto – quella ricreata dal regista Stefano Sardo è una vicenda parziale, affettuosa (dunque poco lucida) e, per i più polemici, sul crinale della propaganda.
Si procede per capitoli animati (“Comincia ad essere una moda perniciosa il ricorso a elementari animazioni come punteggiatura”, dice Giulio Sangiorgio nella sua recensione per Film Tv), scorrendo in rapida successione i passaggi di formazione umana e politica, per arrivare al concetto di cibo e alla straordinaria invenzione di Slow Food. Prima di questo però c’è la vita di provincia, l’esperimento giovanile di Radio Bra Onde Rosse, quello comunitario di “Canté i’euv” e quelli più dichiaratamente imprenditoriali dell’Arcigola e del Salone del Gusto di Torino. Un’escalation inarrestabile, ma che in nessun modo possiamo interrogare: secondo le immagini e le interviste che si succedono davanti ai nostri occhi dobbiamo prendere per buono che tutto sia merito del Carlìn, del suo carisma e delle sue presunte doti messianiche. Carlìn è, definizione non troppo azzardata, un lider maximo: “ Noi siamo quello che mangiamo”, afferma, e intanto se la ride con il Principe Carlo, fonda l’Università di Scienze Gastronomiche, diviene per la rivista Time uno degli uomini che salveranno il mondo e, dulcis in fundo, viene indicato da Michele Santoro come uno dei probabili ministri per il governo. Il nostro non è scetticismo, per carità, ma avremmo voluto capire un po’ meglio gli straordinari passaggi di questa folgorante carriera, che invece affoga nel Mito di un’avventura di provincia imbevuta di stoica lungimiranza. Certo, fast food significa omologazione; e sicuramente il percorso di Petrini ha dato dignità agli amanti di cibo e vino, che si vergognavano per il moralismo “catto-comunista” vigente. Ma come si è arrivati a questo risultato d’eccezione? Il manifesto di Slow Food ci invita a non confondere l’efficienza con la frenesia, a non scambiare il concetto di progresso con quello di “rinuncia al passato”. Sono intenti nobilissimi, ma la gloriosa cavalcata in nome del “diritto al piacere” pare ora confondere fin troppo l’idea di brand con quella di culto della personalità, l’obiettivo eno (meglio, “eco”) gastronomico con una deriva più retoricamente politica.
Slow Food Story [Italia 2013] REGIA Stefano Sardo.
CAST Carlo Petrini, Azio Citi, Gigi Piumatti, Gigi Padovani.
SOGGETTO Stefano Sardo. FOTOGRAFIA Giovanni Giommi. MUSICHE Valerio Vigliar.
Documentario, durata 74 minuti.