L’anima del commercio
Un modo di dire un po’ cinico sottolinea che le uniche attività commerciali immuni a crisi e recessioni sono le onoranze funebri: e in un periodo di crollo economico, di sfiducia e di pessimismo dilaganti, accentuati dal grigiore, la pioggia e lo smog di un’anonima e cementificata cittadina francese, i loro clienti sono aumentati per l’alto numero di suicidi, che non risparmiano nemmeno i piccioni.
Se per combattere il logorio della vita moderna non è quindi più sufficiente un bicchiere di Cynar, ma è preferibile attraversare senza aspettare il verde, perchè non approfittarne per avviare una florida attività commerciale? Non banalmente un’agenzia di pompe funebri, bensì un negozio che aiuti la gente a trapassare, fornendo un ampio campionario di spade, veleni e corde per impiccagione. Questa é la scelta della famiglia Touvachè, propietaria della bottega dei suicidi e protagonista dell’ultimo film di Patrice Leconte. Sostenitrice, per concezione di vita e per convenienza economica, della tristezza e della negatività dominanti in città, la routine della famiglia è fatalmente sconvolta dall’arrivo del piccolo Alan, carico di felicità, ottimismo e di gioia di vivere.
Per raccontare questa stravagante vicenda, Leconte sceglie il cinema d’animazione, ispirandosi, soprattutto nelle atmosfere e nelle tematiche -e in parte anche nel tratto dei personaggi- al Tim Burton de La sposa cadavere e di Nightmare before Christmas, senza dimenticare le influenze di Silvain Chomet nei colori e della classicità Disney (quest’ultima in chiave perlopiù ironica e parodica). Il regista francese ha sempre dimostrato eleganza e raffinatezza visiva e stilistica, caratteristica che in certi casi ha regalato buon cinema (L’uomo del treno), ma che ha anche spesso stonato con i soggetti scelti impedendo di superare la superficie delle storie raccontate e di andare più nel profondo. Ne è un esempio Il mio migliore amico, dove il potenziale sia comico che satirico della storia dell’amicizia tradita è stato disperso dall’eleganza di facciata e da uno stile per nulla adattato alle esigenze della vicenda. Questo è il problema anche de La bottega dei suicidi, che dopo un inizio promettente si perde in una narrazione visivamente impeccabile, ma anche sempre più innocua, esile e perfino di una certa inutilità. Tutto questo è ingigantito da buchi di sceneggiatura enormi, che costringono i personaggi a fare scelte agli occhi dello spettatore senza senso e che non spiegano adeguatamente il loro evolversi e i loro cambiamenti, troppo improvvisi e immotivati, per questo tutt’altro che coinvolgenti ed incisivi. Così, invece di essere una commedia nera sulla crisi e sul pessimismo dilagante, La bottega dei suicidi resta un pallido eco del cinema di Tim Burton e de la famiglia Addams.
La bottega dei suicidi (Le magasin des suicides, Francia/Canada/Belgio 2012) REGIA Patrice Leconte.
SOGGETTO Jean Toule. SCENEGGIATURA Patrice Leconte. ART DIRECTOR Florian Thouret.
Animazione, durata 85 minuti