Tutto tutto Antonio Albanese
Avevamo lasciato Cetto trionfante a Marina di Sopra, a promettere sogni e ponti di pilu e ce lo ritroviamo mentre scioglie la sua giunta per cause di forza maggiore. Nel frattempo Rodolfo Favaretto, secessionista di professione, prepara la sua battaglia per annettere il suo paesello all’Austria mentre traffica clandestini per i canali di Venezia.
Frengo Stoppato invece è un mistico new age fuggito dall’Italia (e dalla madre devota), impegnato a professare la sacralità della vita nell’aldiqua e a fumarsi tutto ciò che è possibile fumare. Tutto tutto niente niente si apre con l’arresto dei tre (interpretati tutti da Antonio Albanese), prontamente liberati da Sua Eminenza il Sottosegretario (Fabrizio Bentivoglio) che vuole eleggerli deputati del parlamento italiano. Alla Camera infatti manca la maggioranza e i tre, se adeguatamente istruiti, potrebbero essere proprio ciò che serve a garantirne la stabilità. La libertà in cambio del voto giusto al momento giusto. Ma le tre schegge impazzite finiranno per rovinare tutto, rischiando di compromettere la stabilità del governo, e del Paese stesso. Il nuovo film di Giulio Manfredonia necessariamente deve trovare il modo di tenere testa al suo predecessore, che nel 2011 ebbe un enorme successo di pubblico. Il risultato è un film chiassoso, pacchiano, colorato e kitsch. Se però Qualunquemente riusciva a strapparci un sorriso, benché molto amaro poiché eravamo consapevoli del fatto che quella rappresentata non era una parodia dell’Italia ma era proprio l’Italia, Tutto tutto niente niente nemmeno riesce a farci piegare gli angoli della bocca, ma non per mancanza di idee o momenti comici; fosse uscito solamente un mese prima, quel parlamento così eccessivo, così immorale, così vomitevolmente degradato (ancorché arredato con un certo buon gusto per l’orrido) avrebbe fatto a pugni con la tecnica sobrietà a cui ci stavamo abituando, e sarebbe risultato inevitabilmente fuori tempo massimo, oltre che piacevolmente divertente. Ma con lo spettro del cavaliere senza testa che si aggira di nuovo per gli italici borghi, quel Parlamento che sembra uscito direttamente dai nostri incubi passati e quella Camera trasformata in curva ultrà rischiano di farci leggere il film come un oscuro presagio per il futuro del Belpaese, caricandolo di significati che, solo poche settimane fa, non avremmo potuto attribuirgli. E in un certo senso possiamo dire che è stata questa la fortuna di un film che altrimenti sarebbe passato inosservato.
Tutto tutto niente niente [Italia 2012] REGIA Giulio Manfredonia.
CAST Antonio Albanese, Fabrizio Bentivoglio, Luigi Maria Burruano, Lorenza Indovina.
SCENEGGIATURA Antonio Albanese, Piero Guerrera. FOTOGRAFIA Roberto Forza. MUSICHE Paolo Buonvino.
Commedia, durata 96 minuti.