Eleganza senza mordente
Viva la libertà è posizionato al centro di un triangolo, egualmente distante dai tre tipi di film che ne costituiscono i vertici: la commedia italiana degli ultimi anni, il nostrano cosiddetto cinema medio-autoriale o, per ricordare la geniale definizione data da Buccheri, “neo-baricco” e un certo tipo di cinema dell’anima francese.
Da questi tre filoni, Roberto Andò cerca di raccogliere i frutti migliori, per amalgamarli e creare una ricetta originale e gustosa: obiettivo riuscito solo a isolati tratti, non sufficienti a salvare il film. Né carne né pesce, si può dire, o forse, al contrario, troppa carne e troppo pesce nel piatto. Il segretario del principale partito d’opposizione, evidentemente ricalcato sul Partito Democratico (il protagonista è un po’ Veltroni un po’ Bersani, e non mancano riferimenti abbastanza chiari all’attualità del partito e a protagonisti come D’Alema e Renzi), è ai minimi storici nei sondaggi, nella popolarità e nella fiducia dei militanti e dei cittadini; subita una dura contestazione, il segretario decide di fuggire e sparire, senza avvertire nessuno. Dopo i primi momenti di panico, la moglie e lo stratega di partito scelgono di rivolgersi al suo fratello gemello, filosofo che soffre di disturbi della personalità: la scelta, inizialmente di emergenza, sembra essere vincente. Nel frattempo il vero segretario è in terra francese a riflettere e a ritrovare se stesso e il suo passato. Il film inizia come commedia, prendendo poi gradualmente le forme di un giallo intimista dell’anima e del passato, basato sul rapporto tra i due gemelli e i loro trascorsi. Nel campo della commedia, per quanto vada riconosciuto il fatto di sfuggire alle trappole retoriche dell’antipolitica più populista, Viva la libertà manca di mordente, soprattutto a causa di uno stile troppo elegante e patinato per il genere, più adatto a creare singole “belle inquadrature” che a sostenere la narrazione e i suoi effetti: considerati i presupposti di commedia di costume della parte romana del film, uno stile più “terra-terra” e un diverso ritmo avrebbero giovato all’incisività. Inoltre, molte scene, a partire da quella della contestazione, mancano di naturalezza, dando l’impressione quasi palpabile di artificiosità e di forzatura, come se assistessimo alla prova di uno spettacolo teatrale in cui gli attori devono ancora entrare in sintonia con i personaggi e il testo. La parte francese, più intimista, dove entrano in gioco le connessioni tra i due gemelli ed emergono gradualmente le loro interiorità e il loro passato, è leggermente meglio, non fosse altro perché lo stile raffinato del regista risulta più calzante, riuscendo così a garantire qualche momento valido ed emozionante. Anche in questo campo rimangono però i difetti espressi nella parte romana: una sostanziale mancanza di efficacia e la prevalenza della bella inquadratura e dell’eleganza visiva sul senso e sull’efficacia narrativa.
Viva la libertà (Id., Italia 2013) REGIA Roberto Andò.
CAST Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Anna Bonaiuti.
SCENEGGIATURA Roberto Andò. FOTOGRAFIA Maurizio Calvesi. MONTAGGIO Clelio Benevento.
Commedia, durata 94 minuti.