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Space Dogs 3D

lunedì 28 Marzo, 2011 | di Ilaria Tozza
Space Dogs 3D
In sala
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USA: 1 – Russia: 0
19 agosto 1960. L’Unione Sovietica lancia lo Sputnik 5. Dopo 25 ore attraversa l’atmosfera e riporta sulla Terra, per la prima volta ancora in vita, l’intero equipaggio. Gli eroi: due cagnoline, due topi e quaranta ratti.

Con questo film la Russia vuole ricordare il cinquantesimo anniversario del proprio successo contro la potenza americana. Dopo la triste sorte di Laika per la missione Sputnik 2 (prima sonda lanciata con un essere vivente a bordo, ma progettata senza la possibilità di far tornare, ancora in vita, il proprio passeggero), non bisogna dimenticare il successo dei quarantaquattro cosmonauti rientrati sani e salvi sulla superficie terrestre. Una vittoria nel gioco della guerra fredda, ribadita ancora una volta dal dono di un cucciolo dell’eroina Belka alla figlia del presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy.
Nobile l’intento di voler raccontare ai più piccoli le battaglie silenziose, gli entusiasmi e i successi dell’umanità; un po’ azzardato l’esporsi così apertamente al confronto con i maestri americani con l’ambiziosa scelta del 3D. Ma le imbattibili armi dell’animazione statunitense non sono solo quelle che riguardano la tecnologia; la loro vera carta vincente è la capacità di saper stupire, divertire, e intrattenere anche un pubblico adulto. Qui invece la costruzione narrativa è elementare, smontata d’interesse, di allusioni e di riferimenti a un contesto culturale. Una semplice ricostruzione digitale de L’operaio e la colcosiana di Vera Mukhina e nessun altro richiamo all’ideologia che ha animato l’URSS. La narrazione manca nel catturare gli adulti – si spera perché pensata per un pubblico di piccolissimi – ma anche il disegno digitale non riesce a mostrarsi adeguato alle aspettative alle quali i prodotti delle majors statunitensi ci hanno abituato. Manca la sorpresa: non ci sono prati verdissimi e cieli azzurrissimi davanti ai quali stupirsi; il dettaglio che la tecnologia digitale permette, non sembra minimamente ricercato. Le due cagnoline Belka e Strelka non hanno la pelliccia perfetta del gatto con gli stivali di Shrek, né gli occhioni azzurri di Rapunzel.
Ma se questi “fronzoli” sono stati appositamente evitati per allontanarsi dalla componente spettacolare di Hollywood, si doveva forse precorrere una strada completamente diversa abbandonando l’ipotesi del 3D e ricercando – anche nel disegno tradizionale – nuovi modi per sperimentare, mostrandosi originali e indipendenti dal successo di un modello già forte e definito.

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