Mamma, papà: sono gay
“Che deliziose tendine!”: se In & Out giocava ironicamente sui cliché dell’omosessualità, l’esordio alla regia di Ivan Silvestrini, Come non detto, lavora sul versante – tematico, non sessuale – opposto.
Mentre il coming out di uno strepitoso Kevin Kline arriva dopo un (ri)trovarsi di una serie di circostanze circospette (dettagli d’abbigliamento, amore per il ballo, atteggiamenti equivoci), quello del giovane Mattia viene covato, già in età adolescenziale, in un individuo totalmente ordinario nell’aspetto e straordinario nell’essere. Le uniche persone che condividono questo fardello esistenziale sono la migliore amica Stefania, l’amico gay Giacomo (un Francesco Montanari decisamente fuori dalle righe) e il fidanzato spagnolo, Eduard, dal quale sta per andare a vivere. Quando quest’ultimo progetta improvvisamente una puntata a Roma con lo scopo di conoscere i futuri suoceri, convinto che essi siano a conoscenza di tutto, Mattia è costretto a confrontarsi con anni di silenzi e fughe nascoste. Tuttavia, quello che scoprirà lo ripagherà di tutto.
Josafat Vagni dona corpo e voce ad un protagonista semplice nella sua ingenuità quanto complesso nella sua sofferenza, dando un calcio deciso alle banalities che rinchiudono la comunità gay in una serie di portamenti, look e gusti codificati, quasi come fosse una specie animale. Esattamente tutto quello che, invece, viene brillantemente impersonato dal duplice personaggio di Montanari, Giacomo di giorno e Alba Paillettes la notte, accanto al quale la figura mite e pacata di Mattia stona piacevolmente. Una regia impercettibile dirige una cast di tutto punto (oltre al “Libanese” Montanari, troviamo anche Monica Guerritore e Ninni Bruschetta), ridando dignità ad un cinema italiano che sul tema omosessualità aveva – a volte – imbarazzato. Silvestrini incastra sapientemente un’Italia conosciuta (padre severo, madre sottomessa, sorella coatta) e un’Italia (s)conosciuta (omosessualità travestita da ordinarietà, anche nelle figure meno sospettabili), in una commedia degli equivoci lontana dalla volgarità dei cinepanettoni e che, anziché cedere a drammi strappalacrime, si conclude in una meravigliosa banalità. Mai come in questo periodo si ha bisogno di semplicità; d’altra parte, se all’uscita della sala sentite lo struggente desiderio di rivedere Kevin Klein ballare sulle note di Gloria Gaynor, allora: come non detto.