Cronache dall’inferno
Il classico perdente col desiderio di diventare il ragazzo più famoso della scuola è sempre stato il perfetto protagonista per un cinema che vuol descrivere la vita di liceali in crescita, dotati di sensibilità e con qualcosa da comunicare al mondo.
Tra cambiamenti estetici, ribellioni e sfide, i nostri poveri protagonisti devono faticare non poco per raggiungere la popolarità, vista come la primaria necessità, la dolce vittoria, il principale proposito per l’anno nuovo.
Nel caso di Project X – Una festa che spacca il neo-diciassettenne Thomas e i suoi due amici di anonimato sfogano la loro frustrazione organizzando la festa della storia, un compleanno che va oltre ogni loro immaginazione, oltre ogni desiderio, oltre i limiti consentiti dalla legge. Il film è costruito su un semplice obiettivo: qualsiasi idea una persona possa collegare al verbo “degenerare” loro quella notte l’hanno realizzata e triplicata. Non siamo di fronte solo al classico trittico sesso, droga e, in questo caso, dance/house remixato: lo schermo si popola di donne nude in piscina, un nano nel forno, cani volanti, un pazzo incendiario, e molto altro ancora. L’adrenalina è in circolo, esaltazione e anarchia in misura eccessiva popolano la notte durante a quale non succede nient’altro se non una parabolica ascesa verso le conseguenze peggiori.
Ipoteticamente sono i figli ribelli dei bamboccioni protagonisti de Una notte da leoni, catastrofico addio al celibato che riesce comunque a mette insieme assurde situazioni e momenti di sana comicità. Qui la sensazione di noia comincia a pervadere l’aria dopo i primi dieci minuti della festa, quando l’incognita del titolo si dispiega in tutta la propria potenza distruttiva, in un crescendo di danni senza più la logica dell’esilarante commedia.
Poteva essere l’esempio moderno per tradurre le esigenze dei giovani tramite l’efficace scelta della narrazione attraverso l’obiettivo posto tra i ragazzi, un found footage onnipresente e perfettamente calato nell’era della comunicazione digitale. Tralasciando la tecnica, comunque troppo lineare e priva del movimento sussultorio che dovrebbe caratterizzare una videocamera a mano, il film si riduce ad essere lungo video musicale su modello Katy Perry (Last friday night) e LMFAO (Sorry for party rocking). Alla fine il barlume di un messaggio traspare dal caos: farsi dell’esaltante sensazione di essere riuscito a stare in piedi sul tetto del mondo, e poi tornare a vivere normalmente, con la certezza di aver fatto sentire all’universo la propria presenza, in che modo è solo un dettaglio.
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