Scappatoia o recinto?
A e B sono figli dei Fang, una coppia di artisti di teatro sperimentale che hanno guadagnato fama realizzando performance in luoghi pubblici, alterando i luoghi comuni della società statunitense e investendo sulla reazione emotiva del casuale pubblico preso di sorpresa.
Il primo luogo comune sovvertito è quello secondo cui diventare genitori vuol dire morire come artisti, perché presi da altro e limitati nel tempo da dedicare a se stessi. I Fang invece da subito inseriscono A e B all’interno delle loro opere, arricchendole e scoprendo capacità sommerse nell’idea di performance. Ma A e B sono anche Annie e Baxter, individui gettati nel mondo dell’arte ancor prima che in quello della vita, cresciuti con un’idea instabile e multiforme della realtà e un’opinione confusa su cosa sia pubblico e cosa sia privato. Una volta cresciuti Annie diventa attrice e Baxter scrittore, entrambi restando artisti, ma l’arte per loro diviene da un lato l’unico sfogo al loro disordine interiore e dall’altro l’unica zona dell’esistente in cui sanno muoversi: da una parte scappatoia e da una parte recinto. Per Caleb, il padre, anche la realtà non è altro che una scappatoia − cosa c’è di più facile che agire non preoccupandosi della bellezza? − e un recinto, che tiene a freno ogni capacità di vedere la vita da più punti di vista, la vita viva, quella che si muove e scalpita. È così che per la loro opera più grande, la più ambiziosa e forse l’ultima, Caleb e sua moglie Camille decidono di superare il più alto dei recinti, quello della morte. Inscenano un falso rapimento su una strada isolata e nell’auto trovata vuota lasciano macchie del loro sangue che, dopo la conferma delle analisi, convince la polizia della loro morte. Con un intrigo così ben costruito ed un tema capace di guadagnare profondità a ogni scena La famiglia Fang potrebbe essere uno di quei film che, pur senza massicce dosi di spettacolo, emozioni o autorialità, resta nella memoria dello spettatore per rara originalità. Ma il gioco ha le carte troppo scoperte, soprattutto nella sceneggiatura che lascia intravedere qualche trucco di troppo, e seppur coinvolgente e misterioso sembra non tenere testa, nella realizzazione, all’originalità del soggetto. Bateman è più abile dietro la macchina da presa che di fronte, risultando stonato tra le interpretazioni molto buone della Kidman e di Walken, che tendono al dramma laddove lui resta sospeso in un’espressività che cerca la simpatia dove dovrebbero esserci il dubbio e il conflitto. Stessa sensazione si ha per l’accompagnamento musicale, che con sottofondi jazzy e commenti musicali piuttosto scontati non esalta l’intreccio. È un’occasione sprecata o è il recinto altissimo dei vincoli produttivi?
La famiglia Fang [The Family Fang, USA 2015] REGIA Jason Bateman.
CAST Nicole Kidman, Jason Bateman, Christopher Walken, Maryann Plunket.
SCENEGGIATURA David Lindsay-Abaire. FOTOGRAFIA Ken Seng. MUSICHE Carter Burwell.
Drammatico, durata 105 minuti.