L’economia della famiglia
«Cos’è che ci lega? Il denaro». Una risposta che di Un affare di famiglia, nuovo film di Hirokazu Kore’eda vincitore del recente Festival di Cannes, dice molto e dice di più di quanto l’apparenza di dramma familiare non dica. Dice di un film che attraverso quel dispositivo narrativo parla di come si costruiscono i sentimenti, di cosa li possa cementare.
Al centro del film c’è una famiglia di piccoli scippatori da supermercato (da cui il titolo internazionale, Shoplifters) che trova una bambina lasciata sola dai suoi genitori. La prenderanno con loro, insegnandole l’affetto, ma poco a poco si scopriranno delle verità scioccanti su questo nucleo decisamente poco convenzionale. Lo stesso Kore’eda sceneggia uno di quei drammi lievi e gentili di cui è intessuta la sua filmografia, ma al tempo stesso ne fa uno sguardo sul Giappone contemporaneo arrivando nel finale a capitalizzare la lezione sulla verità e il modo di metterla in scena che permeava il precedente The Third Murder.
Oltre al denaro, Un affare di famiglia riflette anche su come i rapporti affettivi si costruiscano a partire dalle cose materiali e, senza bisogno di moralismo e ipocrisia, di come i sentimenti partano oppure vengano accresciuti anche dalla materialità del quotidiano, dal cibo (la meravigliosa sequenza delle crocchette inzuppate), dagli oggetti, dal possesso, per arrivare agli abbracci che in un’altra splendida scena vengono usati per dimostrare cosa è o cosa non è l’amore. E così, minuto dopo minuto e rivelazione dopo rivelazione, Kore’eda arriva a imbastire anche un penetrante discorso sui riflessi delle menzogne − e delle immagini che le celano o svelano − sulle vite quotidiane in un Giappone che ha perso ogni baluardo economico o morale e cerca di campare come può.
Più che i fatti o gli eventi, a Kore’eda interessano i personaggi, il loro modo di vivere e di rapportarsi tra di loro e a rendere tutto questo memorabile ci pensa soprattutto il talento narrativo del regista che è un tutt’uno con la sua capacità stilistica, con la posizione del suo sguardo rispetto alle figure in scena: basterebbe il perfetto inizio che racchiude il mondo dei personaggi in due sole sequenze, o il modo in cui la macchina da presa inquadra le conseguenze di un evento e non l’evento in sé per accorgersi della magia di un cinema che sa usare le immagini e la sua essenza in modo espressivo, che economizza su tutto ma rende il tutto emotivo e comunicativo come pochi altri, che sembra ripetersi sempre eppure è sempre diverso.
Un affare di famiglia [Manbiki Kazoku, Giappone 2018] REGIA Hirokazu Kore’eda.
CAST Lily Franky, Sakura Ando, Mayu Matsuoka, Kairi Jō, Miyu Sasaki, Kirin Kiki.
SCENEGGIATURA Hirokazu Kore’eda. FOTOGRAFIA Kondo Ryuto. MUSICHE Haruomi Hosono.
Drammatico, durata 121 minuti.