Se il pubblico guarda meglio
La critica si è un po’ accanita su La luce sugli oceani. L’hanno dato per sentimentale, sovraccarico, manierista, eccessivo, troppi minuti, troppe lacrime, troppi primi piani. Ma qui a Mediacritica proviamo a dare il giusto peso alle cose ed il film di Cianfrance non è per niente male.
La sua unica pecca è quella di nascere con quella che chiamerei la “sindrome dell’adattamento” dove ad un libro di successo (se è in costume poi!) bisogna affiancare un film di successo e questo deve rispettare fedelmente la trama, le sensazioni e addirittura deve condividerne le battute nei momenti culminanti, per non lasciare delusi e confusi quelli che vanno a vedere “com’è il film di quel bel libro che ho letto” che, in certi casi, costituiscono la fetta maggioritaria del pubblico. Per questo traspone e non adatta, per questo è lungo, per questo ha molte scene importanti, per questo tiene alto e costante il livello emozionale: perché non può concedersi pause. Ma nonostante abbia mani e piedi legati Cianfrance fa sua la storia di Tom e Isabel e ha saputo ordinare il tutto, dosare tempi e ritmi, plasmare un cast invidiabile e costruire un’architettura ambiziosamente classica, senza strappi né sbavature, riuscendo anche a confezionare qualche scena magistrale. Tom (Fassbender) è tornato dalla Prima Guerra Mondiale, non sa spiegarsi perché proprio lui sia riuscito a salvarsi e ne sente la colpa e insieme la responsabilità. Per trovare calma e pace accetta di diventare guardiano del faro sull’isola di Janus, dove sarà l’unico abitante per mesi finché Isabel (Vikander) saprà risvegliarlo dal suo torpore emotivo. Da marito e moglie tornano sull’isola, ma, come per un fatale pendolìo tra felicità e dramma, non riescono ad avere figli e dopo il secondo aborto una fortunosa disgrazia porterà sull’isola una barca con dentro una neonata. Denunciare o accettare l’arrivo come una provvidenziale “luce tra gli oceani”? La disperazione di Isabel convince Tom a mentire e Lucy crescerà biondissima tra due genitori castani. Ma Lucy è Grace e la sua vera madre Hannah (Weisz) la crede morta in mare. È una trama (ed una storia) d’altri tempi che arriva allo spettatore pura, senza implicazioni, non fa riflettere ma si fa godere e vivere in tutta la sua basilare intensità. Il sonoro è la parte più considerevole sul lato estetico e l’unica caratteristica che emerge fuori dall’altrimenti solido e geometrico schema del film. È in costante dialogo-frattura con l’immagine, anticipando e descrivendo, e non parlo solo della parte musicale affidata a Desplat ma soprattutto dei suoni del mare, del vento, dell’erba. Esemplare è la scena del primo aborto che fa ricordare Il vento (1928) di Sjöström, ma anche altrove emerge una bravura oggettiva e travisata. Stavolta il pubblico ha avuto ragione.
La luce sugli oceani [The Light Between Oceans, USA/Gran Bretagna/Nuova Zelanda 2016] REGIA Derek Cianfrance.
CAST Michael Fassbender, Alicia Vikander, Rachel Weisz, Florence Clery.
SCENEGGIATURA Derek Cianfrance (tratta dall’omonimo romanzo di M. L. Stedman). FOTOGRAFIA Adam Arkapaw. MUSICHE Alexandre Desplat.
Drammatico, durata 132 minuti.