Gioventù negata
Un padre e un figlio, un codice legato al passato a cui attenersi e il futuro con le sue possibilità infinite: c’è solo una cosa da fare, camminare. Un terreno per cui uccidere, per cui combattere, da cui scappare.
Un padre che fugge e trova riparo lontano dalla sua famiglia, costretta all’isolamento tra le mura domestiche, al cui interno crescono paure, angosce, recriminazioni di chi è rimasto ad attendere e sperare. Una famiglia, un terreno e il Kanun, l’antica legge balcanica, sono al centro di La Faida – The Forgiveness of Blood (vincitore dell’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura alla 61^ edizione del Festival di Berlino), film diretto da Joshua Marston, già noto per Mary Full of Grace. Nik/Tristan Halilaj è un diciassettenne come tanti altri, con il sogno di aprire un Internet café e di stare insieme alla ragazza da lui amata. Rudina/Sindi Lacej, sua sorella, quindici anni, ama la scuola, lo studio e ha una sola certezza: andrà all’università. Ma un giorno tutto cambia, i progetti si sgretolano e le priorità diventano altre: Mark/Refet Abazi, loro padre, e lo zio uccidono un compaesano a causa di un terreno e allora si è costretti a diventare adulti. Marston ci consegna, attraverso gli occhi ingenui e sinceri dei ragazzi, un’opera pura, schietta, vibrante che racconta La Faida senza mostrarci il sangue, immergendo le mani nelle leggi ancestrali, facendoci sentire così il pulsare reale del cuore albanese. Nik si allena sul tetto per prepararsi alla “battaglia”, e incide le mura della sua camera, arrabbiato con il padre, con la legge, con l’intera Albania: distruggere per ri-costruire, lasciare il passato per guardare al futuro, sdoganarsi da quel codice che non permette di essere e fare ciò che si vuole. Marston srotola sotto i nostri occhi la fatica di crescere, la società in cui Nik vive, la voglia di farsi la propria vita, non dimenticando le proprie radici. Dalla gioia alla disperazione, dagli squarci di cielo, unica finestra aperta sul mondo fuori, a sguardi disperati ma ribelli di giovani rinchiusi in un inferno voluto dai grandi; la seconda opera del regista ci lascia folgorati e pieni di vita mentre insieme diciamo: “Sono qui per mettere fine a questa faida”.