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Tangerines – Mandarini

sabato 28 Maggio, 2016 | di Erasmo De Meo
Tangerines – Mandarini
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Mandarini, non bombe
È una storia straziante quella raccontata in Tangerines – Mandarini da Zaza Urushadze, una storia piena di sconforto e vecchia come il mondo, eppure una Storia recente e dimenticata troppo in fretta. Con lo smembramento dell’Unione Sovietica la zona del Caucaso è stata tra le più interessate da conflitti e tensioni, ancora oggi in parte irrisolte.

Tra il 1991 e il 1993 furono numerosi gli scontri armati, le violenze, i massacri nella regione dell’Abcasia che reclamò unilateralmente l’indipendenza dalla Georgia. I numeri oscillano tra i diecimila ed i trentamila georgiani uccisi, e assieme a loro uomini e donne di altre etnie, estoni, russi, greci, ma anche gli stessi abcasi favorevoli alla mediazione, al dialogo.mediacritica_mandariinid_290 Ivo è un falegname e vive solo in una casa di un piccolo villaggio montano, il suo vicino è Margus, agricoltore. I suoi mandarini sono carichi di frutti, il raccolto è così buono che anche con l’aiuto di Ivo teme di non farcela a compiere il lavoro. È proprio in quel periodo che il conflitto tra georgiani e abcasi raggiunge la loro regione, sempre più frequenti si fanno i controlli, le visite di combattenti, i rumori non lontani di fucili e bombe. Ivo e Margus chiedono aiuto ad un maggiore loro conoscente che può fornirgli una trentina di uomini che, in una giornata di non grossi movimenti sul fronte militare, possano dar loro una mano con i mandarini. Ma questi uomini non arrivano mai e qualche frutto comincia a cadere a terra. La guerra evidentemente non ha pause, non può permetterselo, anzi irrompe violentemente sui loro terreni. Dopo una sparatoria Ivo aiuta i due sopravvissuti, accogliendoli in casa e fornendogli cure mediche. I due soldati però sono un mercenario che combatte con i ceceni-abcasi e un attore georgiano, fiero della propria identità, terra e cultura. Ivo riesce a creare un ambiente di pace e di confronto, le sue mediazioni, quasi diplomatiche, portano i due a riconoscersi in un’umanità grata, solidale e indifferente alle appartenenze etniche e religiose. Gli alberi carichi di colori brillanti, esaltati da una fotografia molto attenta ai toni, sono metafora di una ricerca di continuità storica e apolitica, di serenità e di pace: il gusto di un mandarino è fresco e dolce sotto ogni palato. Le fatiche di Margus, più che puntare ad un guadagno economico, vogliono “resistere” alle invasive violenze, dimostrare che la guerra non cancella tutto. Il messaggio di Urushadze è di un pacifismo profondo e sentito, comune a molto cinema dell’area georgiana, si pensi al recente successo di Corn Island (2014) di Ovashvili. Una nota di merito va alle musiche, che drammatizzano e poeticizzano il montato veicolando il dialogo georgiano-abcasico attraverso i due diversi gusti musicali che nel finale vengono a convergere.

Tangerines – Mandarini [Mandariinid, Georgia/Estonia 2013] REGIA Zaza Urushadze.
CAST Lembit Ulfsak, Elmo Nüganen, Giorgi Nakashidze, Misha Meskhi.
SCENEGGIATURA Zaza Urushadze. FOTOGRAFIA Rein Kotov. MUSICHE Niaz Diasamidze.
Drammatico, durata 87 minuti.

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