ANTEPRIMA
Immagini senza qualità
Futuro, ultima frontiera del sogno e della bellezza: svincolate dal loro referente materiale unico e irripetibile, le immagini assurgono a puro simbolo di alterità, si colorano di un’evanescenza edulcorata e seduttiva, imbevono menti e occhi di allucinazioni omologanti e diventano, così, armi di distruzione di massa, inibitori di coscienze e spirito critico.
La vita è una questione di scelte. Alcune buone e proficue, altre sbagliate e, di conseguenza, autolesive. Il senso di Robin Wright per le “occasioni giuste” si è rivelato – a opinione del suo agente ruffiano Harvey Keitel e del capo-squalo dello studio hollywoodiano Miramount (no, ogni riferimento a Miramax e Paramount non è puramente casuale) – un meccanismo da bussola rotta, capace di far sprofondare una promettente carriera in una sequela umiliante di drastici flop. Ma se il passato è (forse) tempo dell’esistenza immodificabile, perché non lavorare sul futuro? La tecnologia garantisce il ritorno a una gioventù sempiterna, fatta di espressioni e sentimenti pixelati che non invecchiano, e per la quale il sistema binario delle formule e ricombinazioni crea simulacri perfetti dell’illusione di realtà. (S)Vendere se stessi in quanto immagine visibile ovunque, scaricabile, riproducibile, addirittura bevibile nell’era delle joint ventures tra studi cinematografici e case farmaceutiche, costituisce il compimento estremo del male della nostra epoca, quel complesso narcisistico che anela alla sovrapposizione dell’essere con l’apparire. “Chiunque fuorché se stessi”: è il comandamento primo e solo dell’uomo senza qualità di Musil, un individuo privo di qualità proprie e quindi costretto a rubare quelle degli altri, in una ricerca compensativa massacrante e distruttiva. Le coscienze, le relazioni, la percezione stessa del “Sé”, vuole dirci Ari Folman, stanno andando nella medesima direzione: le sue immagini “senza qualità” sono testimonianze fluorescenti della “liquidità” comunicativa e dei legami che stanno gradualmente sommergendo l’uomo, fino a scioglierne il valore della diversità in un consumismo offuscante portato all’eccesso. Punta dritto al cuore del sistema dell’entertainment il regista di Valzer con Bashir, e tra mondi animati à la fratelli Fleischer, strizzatine d’occhio a Matrix e I figli degli uomini, avvia una critica morale e sociale di impianto metanarrativo che, benché ricca di spunti di riflessione, non è esente da discontinuità e incertezze nella sceneggiatura. Dispiace dirlo ma sono proprio le parti di animazione a sollevare dubbi sull’organicità di un’opera di fatto scissa al suo interno, che vorrebbe dire molto più di ciò che riesce a comunicare, in realtà silenziata nella sua “vis” accusatoria da una narrazione debole e spezzata. Un film che si rispecchia interamente nella personalità della sua protagonista: seducente e forte a tratti ma bloccata in una fragilità di fondo, impedita sulla via di uno sviluppo pieno ed appagante.
The Congress [id., Belgio/Francia/Lussemburgo/Germania/Israele/Polonia 2013] REGIA Ari Folman.
CAST Robin Wright, Harvey Keitel, Jon Hamm, Paul Giamatti, Kodi Smith-McPhee, Danny Huston.
SCENEGGIATURA Ari Folman [dal romanzo The Futurogical Congress di Stanislaw Lem].
FOTOGRAFIA Michal Englert. MUSICHE Max Richter.
Animazione/Fantascienza, durata 122 minuti.