Corrispondenze
Arthur vive un rapporto a dir poco travagliato con la moglie, fino a quando scopre che la donna è gravemente malata. Per superare il momento, l’uomo si reca nel bosco giapponese celebre in tutto il globo per attirare ogni anno molti suicidi. Pronto a compiere l’insano gesto, però, incontra un uomo che ha perso la strada per uscire dal bosco. Il percorso a ritroso verso l’esterno permette ai due di confrontarsi tra loro e con se stessi.
Presentato a Cannes 2015 e tratto dall’omonimo romanzo di Robert James Russell, La foresta dei sogni mette in scena il percorso figurato e materiale di un uomo di fronte alla natura giapponese e a quella personale, che alterna momenti di silenzio a ricordi verbosi e retorici. Se infatti Van Sant sceglie di cospargere la sceneggiatura con elementi funzionali all’architettura diegetica in maniera a tratti forzata, sono proprio i momenti in cui i due uomini si trovano in silenzio tra gli alberi a costituire le colonne portanti del film: come in Corrispondenze di Baudelaire, con gli sguardi e le sensazioni del protagonista danno vita all’ambiente circostante e animano i tronchi e le rocce. La forza della natura boschiva si rafforza con una gestione dell’obiettivo decisamente instabile, che mostra continuamente il relativismo delle percezioni, impedendo la completa adesione del punto di vista con il protagonista. Gli elementi che invece sfumano questa forza virano a favore di stereotipi e retoriche poco incisive (per esempio il giapponese suicida per problemi lavorativi, il fiore che nasce quando un’anima lascia il bosco e l’ironia su Stairway to Heaven). Gli sforzi maggiori di regista e interpreti si indirizzano verso una lenta cattura emotiva degli spettatori, che si trovano trasportati dalle parole e le intenzioni di uno stupendo Matthew McConaughey. Ancora una volta Gus Van Sant torna a parlare di morte e in questo caso lo fa all’ennesima potenza, attraversando cioè molte delle sue sfumature (il suicidio, o almeno la volontà di morire; il fato; la malattia) e intreccia le variazioni del trapasso con testimonianze dal passato e dal presente, che costruiscono un filo di speranza da seguire in caso di bisogno. Al netto di stereotipi e dialoghi reimpostati, La foresta dei sogni lavora silenziosamente sullo sfondo della natura umana e terrestre guidando verso l’inesorabile realizzazione dei propri limiti di comprensione. L’opera si apre con una chiusura a quanto pare irredimibile per finire di fatto con un’apertura totale a un mondo ricco di possibilità. E se rimane a mezz’asta la sottotrama che insinua il dubbio riguardo alla realtà, l’emotività dell’interazione degli uomini con la natura e tra di loro arriva senz’altro a destinazione.
La foresta dei sogni [The Sea of Trees, USA 2015] REGIA Gus Van Sant.
CAST Matthew McConaughey, Ken Watanabe, Naomi Watts, Katie Aselton, Jordan Gavaris.
SCENEGGIATURA Chris Sparling (dall’omonimo romanzo di Robert James Russell). FOTOGRAFIA Kasper Tuxen. MUSICHE Mason Bates.
Drammatico, durata 110 minuti.