Lo sguardo etico di Andersson
Leone d’Oro a Venezia 2014, Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza è il terzo capitolo della trilogia di Roy Andresson sul vivere contemporaneo, lettura attenta e meticolosa di variegati atteggiamenti della società svedese e in generale di quella occidentale, attraverso i numerosi quadri che compongono i film, il cui centro sono i limiti e le debolezze dell’Uomo.
Se quella di Canzoni del secondo piano è un’umanità provata da un insistente Fato/Dio, il cui operato fa meravigliare di “quanto è difficile essere umani”, in You, the Living sono storie di malinconiche sopravvivenze, atte a sopportare grigie esistenze aggrappandosi a qualunque cosa faccia sentire ancora vivi. Un piccione segna un cambio di passo per l’autore di Göteborg, che abbandona lo sguardo di comprensivo e compassionevole umanesimo dei precedenti lavori in favore di una ben più cruda e aspra critica alla diffusa odierna indifferenza, chiusura e limitatezza di vedute. Trentanove sketch caratterizzati da uno humour tipicamente scandinavo quanto di surreale nonsense al limite del politicamente corretto, come la spartizione del pasto pagato da un uomo appena deceduto tra gli altri passeggeri di un traghetto, le peregrinazioni di due depressi venditori di oggetti di carnevale o una donna in agonia che non vuole lasciare la borsa dei gioielli ai figli. Se ne ride a denti stretti, in un crescendo grottesco che culmina nella battuta-chiave “È necessario usare l’essere umano per il nostro divertimento?!”. Il punto di vista risulta improvvisamente ribaltato, spostandosi dall’osservato all’osservatore di cui vengono svelati cinismo e crudeltà. Come animali in gabbia, gli sventurati protagonisti in scena sono stati oggetti di un divertimento becero e meschino, vittime loro malgrado dello spettacolo della propria sofferenza, solitudine, infelicità. Per Andersson ciò non è diverso dal nichilistico sfruttamento di schiavi costretti al dolore per il piacere dei loro padroni: come gli industriali nell’ultima inquadratura guardano l’aberrante spettacolo da dietro un vetro, così ha fatto lo spettatore attraverso lo schermo. E l’oggettivo distacco del regista – espresso stilisticamente con macchina fissa in campo lungo – assume, ora più che in precedenza, i connotati non solo di una giusta distanza da cui guardare le cose, bensì etico rifiuto delle stesse, che non si risolve però in un facile rivolgimento altrove dello sguardo, ma all’opposto in una sua statica, obbligata immobilità.
Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza [En duva satt på en gren och funderade på tillvaron, Svezia/Germania/Norvegia/Francia 2014] REGIA Roy Andersson.
CAST Holger Andersson, Nisse Vestblom, Charlotta Larsson, Viktor Gyllenberg.
SCENEGGIATURA Roy Andersson. FOTOGRAFIA István Borbás, Gergely Pálos. MUSICHE Robert Hefter.
Grottesco, durata 101 minuti.