Il cinema che parla a se stesso
L’ultimo anno di liceo per molti è un addio triste ai compagni, ai professori, alle ragazze: non per Greg. Il suo obiettivo è finire al più presto l’ultimo anno per allontanarsi dalla fauna di teenager che ha imparato a catalogare minuziosamente. Passa i doposcuola nell’ufficio del professore di Storia guardando capolavori del cinema europeo assieme all’amico/collega Earl fino a quando non incontra Rachel, una ragazza della sua scuola che ha appena scoperto di avere la leucemia.
Il film perfetto per il Sundance vince il Sundance. Quel fantastico peggior anno della mia vita, diretto da Alfonso Gomez-Rejon, riesce in un sol colpo a mettere d’accordo critica e pubblico americani con la sua leggerezza e quella sorta di calcolata ingenuità che tanto piace anche al pubblico d’oltreoceano. Un pubblico borghese mediamente colto che ama le camere dei teenagers interamente coperte da poster di film, le inquadrature alla Wes Anderson, la voce fuori campo, la musica di Brian Eno e va in brodo di giuggiole per le citazioni o le parodie metacinematografiche. Ma cosa manca a questi adolescenti tormentati, consapevoli di essere outsider, loser, geek, per essere personaggi verso cui provare empatia? Un dramma che proviene dall’interno del loro mondo e che, in questo caso, si palesa nella figura di Rachel e della sua malattia. Greg viene obbligato dalla madre a passare del tempo con lei ma quella che doveva essere l’amicizia forzata di un giorno si trasforma in un’estate di frequentazioni giornaliere. Ed ecco che i due, da buoni figli degli anni Duemila, affrontano la leucemia con ironia, come fosse un compagno scemo da portarsi in viaggio, fermandosi solo per guardare le parodie dei capolavori del cinema realizzate da Greg e Earl. Condito con quello sprezzo del pericolo che solo i teenager americani sanno dimostrare davanti alle avversità, il film può permettersi tutto, purché siano i giovani protagonisti a prendersi gioco prima della morte e poi del pubblico, con un falso flash forward in voice over giustificato alla bene e meglio come un eccesso di speranza da parte del narratore. Questo cinema parla al suo pubblico, gli adolescenti deconcentrati e multitasking capaci di balzare in un attimo da Wolverine a Truffaut senza nemmeno il brivido del jump cut, iperstimolati da artifici visivi e diegetici come l’animazione a passo uno e toccati nei sentimenti più elementari nei momenti in cui serve. Un cinema che vorrebbe raccontare tutto e che riesce nell’impresa ardua di non lasciare alcuna traccia.
Quel fantastico peggior anno della mia vita [Me & Earl & the Dying Girl, USA 2015] REGIA Alfonso Gomez-Rejon.
CAST Thomas Mann, RJ Cyler, Olivia Cooke, Nick Offerman, Connie Britton.
SCENEGGIATURA Jesse Andrews. FOTOGRAFIA Chung-Hoon Chung. MUSICHE Brian Eno.
Drammatico, durata 104 minuti.