Nuove visioni
Accade ancora, nel 2015, che le campagne marketing legate a un film riescano a “fuorviare” gli spettatori: è il caso del trailer di Irrational Man, ultima fatica del novello ottantenne Woody Allen, dipinta come una falsa commedia romantica.
Il professor Abe Lucas (Joaquin Phoenix) arriva a insegnare filosofia all’università di Newport dopo un trauma che ha alterato la sua psiche, conosce la studentessa Jill (Emma Stone) e pian piano instaura un rapporto amicale/amoroso con lei condividendo ogni tipo di pensiero, anche i più “pericolosi”. Non è una storia d’amore o di formazione Irrational Man, è una sfida vinta per la regia asciutta e riconoscibile di Allen, che riesce a scavare all’interno dell’inconscio umano. Questa volta le battute sono ridotte al minimo, si parla invece attraverso il pensiero filosofico moderno basato soprattutto sulla differenza di causa e destino, una funerea istantanea sulla realtà. Certamente il cinema alleniano è ben identificabile, ma qui il regista si discosta dal realismo magico delle ultime pellicole per abbracciare l’impunità e la beffa nei confronti del caso, quasi come in Match Point e Crimini e misfatti. È meglio non dire altro per non rovinare la sorpresa e l’evoluzione dei personaggi. Bisogna sottolineare, invece, le novità introdotte in Irrational Man: come accaduto poche altre volte Phoenix non è l’alter ego di Allen, anzi supera la figura classica dello shlemiel ebreo a favore di un carattere maligno e freddo; gli eventi sono nelle sue mani e non viceversa, e l’epilogo della vicenda è uno dei più neri visti nelle pellicole degli ultimi anni del Nostro. Un film giudicato da molti minore e copia carbone di altri, ma che invece forse esprime, seppur con alcuni momenti di stanca e di ovvio, la nuova utopia del regista di Io e Annie: l’impudenza e la libertà di visione a cui ti porta la vecchiaia, una freddezza nei confronti del prossimo che potrà regalarci altri piccoli cult. Gli interpreti sono come sempre credibili e evitano di imitare un qualcosa di già visto. La macchina da presa registra senza dare importanza alle scene madri, per marcare ancora di più la verosimiglianza della storia e i paradossi contro cui ci battiamo nella vita di tutti i giorni. Non ci si piange addosso ma si cerca la via d’uscita per sopravvivere al meglio, magari a discapito degli altri. Una filosofia di vita che oggi sembra essere l’unica chiave di lettura nei momenti di crisi. Una distrazione esistenzialista condotta con la sapienza e l’automatismo crudele della maturità, artistica e mentale.
Irrational Man [id., USA 2015] REGIA Woody Allen.
CAST Joaquin Phoenix, Emma Stone, Parker Posey, Jamie Blackley.
SCENEGGIATURA Woody Allen. FOTOGRAFIA Darius Knodji.
Commedia/Noir, durata 95 minuti.
Bello, bello, bello! Ideale sequel di match Point
Sì, forse anche più cattivo…
Un buon film, anche se forse fa un po’ fatica a partire.
Io l’ho trovato bellino ma ho avuto un solo, grosso, problema con questo film: il personaggio di Joaquin Phoenix.
Com’è possibile che nel 2015 si porti ancora al cinema il modello del filosofo esistenzialista, alcolista e che fa impazzire le donne, senza provare nemmeno un po’ a decostruirlo? Per me è un personaggio vecchio, finto, su cui si è già ironizzato infinite volte e non riuscivo proprio a sentire miei i suoi motivi. Passi che nella parte conclusiva la sua carica erotica viene un pochino ridimensionata, ma non fino al punto da renderlo miserabile o fargli sconfessare la sua filosofia. Insomma, a me “l’uomo irrazionale” continua a sembrare un modello datato in maniera imbarazzante.
E’ proprio qui il punto: è un personaggio cartolinesco che – volendone fare una lettura autoriale – è perfettamente coerente con il lavoro sull’immagine da cartolina che (in modo magistrale) Allen realizza da dieci anni a questa parte. Nessuno crede veramente al Phoenix filosofo maledetto come nessuno crede alla Parigi di Midnight in Paris.
D’accordissimo sull’immagine da cartolina (anche in To Rome with Love è evidente) ma non ho percepito un livello di ironia in Irrational Man. Mi è parso, invece, molto serio. Certo, è un film dal tono leggero come anche Magic in the Moonlight, ma mi pare che Allen creda davvero nel personaggio di Phoenix, non mi ha dato elementi per pensare il contrario.
Non ci vedo tanto l’ironia ma piuttosto l’idea di mostrare un mondo stereotipato totalmente alieno dal presente (qualcuno diceva – in verità criticandolo – che in Allen le torri gemelle non erano mai cadute). E questa cosa la si vede in quasi tutte le ultime opere, pensa anche solo a quanto poco attuale sia la visione dello pseudo conflitto di classe di Blue Jasmine. E qui mi pare stia la volontà di Allen di voler ragionare sui suoi culti finzionali (pensa al finale di Manhattan): dei culti che sono appunto cartolineschi, falsi. E difatti i suoi personaggi non evolvono quasi più, rimangono al palo, vi sono pochissimi turning point. Qui sta il tono “esistenziale” di Allen.
L’immagine delle torri gemelle mai cadute calza a pennello ma anch’io la userei in modo negativo, almeno per il personaggio di Phoenix. Io volevo proprio vedere ciò a cui tu accenni, un film che scoprisse la falsità del “filosofo esistenzialista alcolizzato”, ma non l’ho visto. Sì, alla fine (SPOILER!) lui compie delle azioni moralmente detestabili, ma per me la sua morale era debole fin dall’inizio. Sapevo già che non era un eroe ma questo non lo rende meno figo! Come ho scritto prima, non diventa mai miserabile e continua a esercitare la sua attrazione sessuale da intellettuale maledetto fino alla fine. Insomma, nel film c’è una timida volontà di scoprire il suo “mito cartolinesco” ma per me Allen doveva andarci molto, molto più pesante per riuscirci!
Giustissimo HeyHoLetsGo!
Allen ci è “andato pesante” come dici tu Stefano una volta negli ultimi 15 anni con “Match Point”, solitamente non lo fa. Detto ciò l’Abe Lucas di Phoenix è un personaggio miserabile, di una vacuità e superficialità unica – le sue massime esistenziali-filosofiche sono mero esercizio di stile – mascherata dall’aura di “filosofo” maledetto che lui in realtà non si dà, ma che gli conferiscono i due personaggi femminili del film (entrambe cadono ai suoi piedi fin dal primo incontro… lui non fa nulla di concreto per sedurle, la “colpa” è loro). Aggiungo che invece Allen lo rende miserabile sul finale, dal modo in cui reagisce quando viene scoperto e nella ridicola morte. Non ha nulla del protagonista di Match Point, lui sì di una grandezza abietta e mefistofelica e infatti, non è un caso, alla fine – e qui c’è tutta la visione pessimista di Woody – se la cava. Mentre Joaquin Phoenix uccide uno sconosciuto per una motivazione irrazionale e per “sentirsi vivo”, l’altro uccide la donna che ha amato, per una motivazione razionale (l’acquisito benessere economico e sociale) e per non perdere i suoi privilegi. Ad Allen (e a me) sta probabilmente più simpatico Abe Lucas, ma al contrario dell’altro non lo salva.
Sono perfettamente d’accordo ma questo è un tuo (e mio) giudizio sul personaggio. Il film fa davvero poco per renderlo miserabile o per mostrare la vacuità della sua filosofia. Le sue lezioni di (anti)filosofia, per fare un esempio, sono solamente cialtronerie ridicole ma non è il film a dircelo, siamo noi che lo capiamo se ne siamo in grado. Allen si rende conto di questo? Non saprei e non riesco a darlo per scontato solo perché si tratta di lui. Riguardo la parte finale, a parte una reazione un po’ forte quando (sempre spoiler!) Emma Stone minaccia di consegnarlo alla giustizia e una morte poco eroica (ma solamente perché Allen gioca sul tema della fortuna che gli gira improvvisamente contro), non ho visto un grande cambiamento nella sua rappresentazione. Per me il suo sex appeal rimane quasi intatto, poi oh, visto che ne è nata una discussione me lo riguarderò!