Verità nascoste
“Per anni ho cercato (…) una fotografia presa tra il 1971 e il 1975 dai Khmer rossi mentre dominavano e schiacciavano la Cambogia. Di per sé un’immagine non può provare un massacro di massa, ma ci dà modo di pensare, ci spinge a meditare, a registrare la Storia. L’ho cercata invano negli archivi, nei vecchi giornali, nei villaggi cambogiani. Ora lo so: quell’immagine dev’essere andata perduta. Così l’ho creata”.
Con queste parole Rithy Panh, autore fortemente legato alla Storia del suo Paese, spiega L’immagine mancante, circolato e premiato a numerosi festival internazionali nonché candidato all’Oscar 2014 come Miglior Film Straniero, denuncia di uno degli episodi più sanguinosi della seconda metà del Novecento, presto rimosso nel coevo Occidente da un certo ideologismo “di partito”. Unico sopravvissuto della sua famiglia al genocidio nazionale perpetrato dai rivoluzionari di Pol Pot verso duemila civili catturati, torturati e sfruttati in nome di un progresso libera interpretazione del pensiero marxista-leninista, Panh porta sullo schermo i suoi ricordi di questa Auschwitz orientale, ricostruendone ambienti e figure in terracotta in un chiaro rimando alla Genesi biblica. “Polvere tu sei e in polvere tornerai”: tutto è destinato a sparire, compresi gli uomini – vittime o aguzzini che siano – così come il loro ricordo. In tale prospettiva il cinema – più della fotografia e della parola scritta – assume un valore indiscutibile, facendosi strumento di testimonianza più o meno indelebile e comunque replicabile, di un passato che non può più essere dimenticato. “Ci sono tante immagini che passano e ripassano nel mondo, che pensiamo di possedere perché le abbiamo viste. Quando scopriamo un’immagine su uno schermo, che non è un quadro, un sudario, allora quell’immagine non manca”. Facendo propria la lezione di Resnais in Notte e nebbia e Hiroshima mon amour, Panh crea così un efficace affresco corale, una “strage degli innocenti” priva di quella retorica in cui facilmente cadono simili operazioni giocate sull’impatto emozionale di scene di violenza e morte. “Non si può filmare tutto impunemente” afferma lo stesso regista, preferendo dunque fornire allo spettatore le informazioni necessarie a formare un proprio pensiero, una propria immagine ora non più mancante, nella coscienza singolare e collettiva.
L’immagine mancante [L’image manquante, Cambogia/Francia 2013] REGIA Rithy Panh.
CAST Randal Douc, Jean-Baptiste Phou.
SCENEGGIATURA Rithy Panh, Christophe Bataille. FOTOGRAFIA Prum Mesa. MUSICHE Marc Marder.
Documentario, durata 92 minuti.