La possibilità inattesa
Film complesso e misterioso, fin dalla prima inquadratura Su Re concede allo spettatore una possibilità inattesa, del tutto estranea al recente cinema italiano: avventurarsi cioè entro un territorio sconosciuto e di difficile accesso, carico di forze febbrili che destabilizzano la visione e segnano uno scarto rispetto a quanto siamo abituati da anni a trovare in sala.
Secondo lungometraggio del nuorese Giovanni Columbu, Su Re va tenuto in considerazione per il tentativo – assolutamente personale – di dare una risposta a quella che forse è stata la domanda più ricorrente e stratificata della presente stagione cinematografica: quale futuro attende il cinema? Tutte le scelte di Columbu meritano di essere approfondite, a partire dalla posizione che egli prende, con sintesi laica e scarnificata delle fonti evangeliche, intorno all’intreccio universalmente noto della Passione di Cristo: disinteressato a restituire la verità storica dell’episodio, Columbu asciuga la narrazione anche da ogni tensione confessionale, collocando la vicenda in una Sardegna rurale e incolta, tardo-ottocentesca, dove è il dialetto a dettare la comunicazione e un paesaggio archetipico e selvaggio incornicia l’azione dei personaggi. Difficile abbandonarsi alla libertà con cui la storia viene destrutturata e trasformata in grande sogno collettivo, dove la figura di Cristo perde di centralità e il punto di vista da gerarchico si fa reticolare, plurale, secondo una tessitura di riflessi interiori e intensi primi piani, tra Pasolini e Dreyer.
Ne deriva un quadro di grande autenticità emozionale, umanissimo nel restituire non più il processo a un dio, ma una riflessione sulla paura e chiusura della società rispetto al diverso; un film etico nel rappresentare con distacco anche l’angoscia e il dolore della morte in croce. Ancor più sorprendente la forma, in apparenza tutta “sbagliata”, perturbante, fondata sulla fascinazione del fuori fuoco e della più radicale precarietà visiva, doppiamente necessaria nella misura in cui il film è girato in digitale, e del digitale esplora una serie di aspetti decisivi: Columbu cambia inquadratura senza interrompere la ripresa, e proprio come in
Leviathan di Lucien Castaing-Taylor e Verena Paravel conserva al montaggio molti momenti di rottura, di spostamento, di scavalcamento, dilatando pazientemente il profilmico a tutto ciò che non può più pianificare ma può ugualmente raccogliere, espressione del momento, documentazione e superamento della finzione stessa. Periferia dell’Impero, ancora una volta il cinema sardo lancia la sua piccola rivoluzione.
Su Re [Id., Italia 2012] REGIA Giovanni Columbu.
CAST Fiorenzo Mattu, Pietrina Menneas, Tonino Murgia, Paolo Pillonca.
SCENEGGIATURA Giovanni Columbu, Michele Columbu. FOTOGRAFIA Massimo Foletti, Uliano Lucas, Francisco Della Chiesa, Leone Orfeo.
Drammatico, durata 80 minuti.